Voglio cambiare ariaUnicredit e WWF: green economy e tutela ambientale non sono sinonimi. So what?

Unicredit è al quindicesimo posto della classifica mondiale delle banche che tra il 2005 e il 2011 hanno finanziato le miniere di carbone e gli impianti di produzione di energia alimentati con il c...

Unicredit è al quindicesimo posto della classifica mondiale delle banche che tra il 2005 e il 2011 hanno finanziato le miniere di carbone e gli impianti di produzione di energia alimentati con il combustibile nero. Il WWF ha appena lanciato la campagna No al Carbone Si al futuro.Tutto normale: una banca e una associazione ambientalista, come uno si aspetta, su fronti opposti. Invece no, non proprio, non sempre. Unicredit infatti promuove e finanzia anche le energie rinnovabili, in società con WWF e Solon attraverso Officinae Verdi Spa.

Se non fosse che si dichiara impegnata nella pratica e nella promozione della Responsabilità Sociale d’Impresa, pluripremiata per la partecipazione ai progetti di Sodalitas “la prima organizzazione ad aver introdotto in Italia la Sostenibilità d’Impresa”, Unicredit avrebbe tutto il diritto di finanziare carbone e rinnovabili. Ma poiché dichiara di “enfatizzare lo stakeholder engagement nelle sue varie forme poiché permette di comprendere al meglio le esigenze dei vari stakeholder e assicurare la trasparenza nei loro confronti”, allora Unicredit ha un problema.

Nell’ambito della campagna europea contro i finanziamenti al carbone, “Stop coal finance” che tradotta in italiano è diventata “Dillo a UniCredit” con tanto di hashtag su twitter, la nostra banca è stata uteriormente e pesantemente tirata in ballo anche in lettera inviata all’AD Federico Ghizzoni l’11 Maggio scorso da James E Hansen, professore aggiunto alla Columbia University e direttore del Goddard Intitute della NASA, e Luca Mercalli, Presidente della Società Italia di Meteorologia.

Tutto sommato quasi niente di nuovo se non fosse che avendo ricevuto poco fa un tweet con questo video di Officinae Verdi, in pieno Rio+20 e dopo aver partecipato alla twitterstorm #endfossilfuelsubsidies, dopo la festa di Repubblica sponsorizzata da Enel, all’indomani della sentenza del Consiglio di Stato che fa ripartire l’iter autorizzativo per la trasformazione a carbone della Centrale di Porto Tolle, con il Sole 24 Ore che plaude ma non è sempre stato così, a pochi giorni dall’ennesimo parere positivo del Ministero dell’Ambiente per la costruzione della nuova Centrale a carbone di Saline Joniche, uno dice e adesso basta.

Basta non solo con Unicredit e con Enel, altro fenomeno del carbone green, basta con la green economy e con tutte le associazioni ambientaliste che con la green economy fanno affari, mentre i comitati locali sono alla canna del gas (per restare in tema). Sto aspettando una campagna di una associazione ambientalista che dica chiaramente che all’aumento di produzione di energia rinnovabile deve corrispondere una pari riduzione della produzione di energia da fonti fossili e che gli interventi di installazione di tecnologie rinnovabili deve essere abbinato al contestuale intervento di efficentamento energetico. Perché, contrariamente a quanto dice Unicredit con Officinae Verdi, sostenuta dal WWF, il punto non è la “parità di fabbisogno”, tanto meno l’aumento di fabbisogno (convertendo ogni cosa ad elettrico) ma la riduzione del fabbisogno.

Perché se no il vantaggio è davvero solo di Unicredit: dove picchi picchi basta che consumi energia e UniCredit guadagna. Capito il video con il girotondo? Tutto chiaro, a parte il WWF ma quella delle associazioni ambientaliste è una questione annosa: ognuna ha il suo conflitto di interesse e chi non ce l’ha si guarda bene dal farlo uscire allo scoperto. Poi fanno Fermiamo il Carbone, tutti insieme appassionatamente. Un’altra casta?

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