Banana MarketsIl profondo dilemma di chi si stira da solo le camicie

Da qualche tempo c’è una profonda questione di economia domestica che mi perplime. Visto che, almeno secondo quanto scrive il giornalista del New Yorker James Surowiecki la folla dovrebbe essere in...

Da qualche tempo c’è una profonda questione di economia domestica che mi perplime. Visto che, almeno secondo quanto scrive il giornalista del New Yorker James Surowiecki la folla dovrebbe essere in grado di prendere decisioni meglio del singolo – sopratutto online – ho deciso di sottoporla al giudizio di lettori, blogger ed economisti de Linkiesta. 

Di solito mi stiro da solo le camicie. Siccome si tratta di un lavoretto tra i meno divertenti della storia e pure fortemente time consuming, da qualche settimana ho deciso di applicare il modello Zara: ho ridotto il magazzino in funzione del just in time, svegliandomi un po’ prima del solito la mattina. Il metodo che sto sperimentando ha il vantaggio di lasciarmi maggiore libertà di programmazione del mio tempo nel corso della settimana, ma non è sufficientemente flessibile da ridurre il rischio imprevisti. Inoltre allunga quello che in ingegneria gestionale si definisce il lead time, cioè il tempo di risposta delle società alle esigenze del cliente. Esempio pratico: se una mattina non sento la sveglia, devo andare in redazione in t-shirt, e non è bello. 

A questo punto, forse, è più funzionale applicare la teoria dell’utilità marginale. Prendendomi una sera la settimana per stirare, una volta rassettate le prime tre camicie non sarà così pesante mettere a posto le ultime tre. Se uno si organizza bene, dovrebbe arrivare a una condizione di surplus in grado di annullare o comunque circoscrivere il fattore “imprevisto”. E se uno diventa abile a sufficienza, può addirittura iscriversi a una gara di extreme ironing (vedi video qui sotto)

 https://www.youtube.com/embed/njHE4S-HD3I/?rel=0&enablejsapi=1&autoplay=0&hl=it-IT 

Qualcuno potrebbe obiettare: perché non delegare a qualcun altro? La mia mamma, che si sobbarcherebbe l’onere gratuitamente per amore, sta a 400 km di distanza, quindi mi rimangono due strade: o portare le camicie in lavanderia oppure assumere una domestica. La prima soluzione, nella zona dove abito a Milano, non è troppo a buon mercato: circa 2 euro a camicia, portandole già lavate. E oltretutto non elimina il fattore “imprevisto”: se il direttore mi dice di partire immediatamente per raccontare una guerra dimenticata, devo andare in t-shirt. Però il grande inviato Ryszard Kapuscinski diceva che per andare in guerra gli bastavano «pochi soldi, una macchina fotografica e una camicia pulita». 

La seconda soluzione ha due vantaggi: elimina del tutto il fattore “imprevisto” e mi fa risparmiare anche il tempo necessario a pulire il bilocale dove vivo in affitto. Diciamo che potrebbe costare intorno ai 20 euro la settimana. Un investimento da mille euro l’anno. Non proprio poco, visto che più o meno con gli stessi soldi si va in vacanza in due una settimana in Portogallo, per dirne una. Rinunciare a una vacanza per non dover pulire casa mi sembra francamente eccessivo, non abitando in una villa hollywoodiana. 

Insomma sono in un vicolo cieco. Si accettano suggerimenti. Non valgono quelli della serie: “compra le camicie no ironing” oppure “metti le camicie in bagno quando ti fai la doccia e si stirano con il vapore”. Ho già provato. Non funziona. 

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