Ogni volta che lo spread sale intorno a quota 500 c’è una parolina magica che, da un anno a questa parte, fa capolino con una costanza disarmante: patrimoniale. Questa volta a proporla come antidoto alla “collettivizzazione dei debiti” dell’Eurozona tanto odiata da Angela Merkel è nientemeno che l’ex presidente del comitato esecutivo dell’Istituto per la ricerca economica di Berlino (DIW), Gert Wagner. In un intervento sul sito voxeu.org (che raccoglie i contributi di economisti e studiosi su vari temi) dall’emblematico titolo “Tassare il capitale per ripianare il debito”, Wagner sostiene che «i governi dovrebbero considerare la possibilità di una tassa una tantum sui più ricchi per rifinanziare e alleggerire i debiti nazionali».
Wagner, che qualche giorno fa è stato rimpiazzato da Marcel Fratscher, attuale capo del Dipartimento di analisi della politica economica internazionale presso la Bce, sostiene che in Germania i due terzi della ricchezza siano ascrivibili al 10% della popolazione. Applicando un’aliquota del 10% sulla parte di reddito eccedente i 250mila euro potrebbe valere addirittura oltre il 9% del Pil tedesco. Alzando l’asticella alla parte eccedente 500mila e 1 milione di euro si otterebbero comunque fondi pari rispettivamente al 6,8 e al 5,6% del Pil. Cifre simili potrebbero essere raccolte anche negli altri Paesi. Ammesso che a) i ricchi non evadano e b) i ricchi non abbiano già parcheggiato il grosso delle proprie sostanze in Svizzera.
Ciò che sorprende, forse più del fatto che la proposta arrivi da Berlino – gli economisti tedeschi in questo periodo sono on the news, basti pensare al famigerato manifesto lanciato dal direttore dell’Ifo Hans Werner Sinn contro il salvataggio delle banche iberiche – è il nocciolo della questione: «le bancarotte nazionali nell’area del Mediterrano e un collasso dell’Eurozona potrebbero fare molto più male ai ricchi nel nord Europa rispetto a una patrimoniale, per non menzionare poi l’impatto sulla gente normale». A occhio e croce, i ricchi tedeschi potrebbero pure essere d’accordo: meglio una tassa che l’unione fiscale con italiani, greci e spagnoli.