Officine DemocratichePd, altro che ”progressisti” e ”moderati”: bisogna cambiare i dirigenti

Una dozzina di paginette. Tanto è bastato per delineare il “campo dei progressisti” che cercherà un'alleanza con il “campo dei moderati”. Contenuti e linguaggio d'altri tempi per far digerire al po...

Una dozzina di paginette. Tanto è bastato per delineare il “campo dei progressisti” che cercherà un’alleanza con il “campo dei moderati”. Contenuti e linguaggio d’altri tempi per far digerire al popolo democratico un’alleanza con Casini ed i terzopolisti. Con tanti saluti alla vocazione maggioritaria del Pd in vista di un ritorno ad una legge elettorale proporzionale che agevoli in Parlamento la formazione di un nuovo Governissimo di emergenza nazionale. La proposta del Segretario Pd Bersani ha il pregio di essere un documento talmente di sintesi da sembrare quasi rarefatto nei contenuti. E per questo come può non essere condivisibile? Sulle poche opzioni politiche i nodi rimangono intatti: l’esempio del generico riconoscimento delle coppie gay non scioglie, con una proposta concreta, le ambiguità. Idem per le proposte (inesistenti) in campo economico e sociale. Saranno quindi le primarie per la premiership a stabilire i veri contenuti che guideranno la proposta politica di questo confuso centrosinistra. Già per la selezione dei futuri parlamentari, per evitare laceranti guerre intestine, si preferisce rinviare alla definizione di un’ipotetica legge elettorale che consentirebbe la scelta attraverso le preferenze classiche. Con buona pace dei “giovani” che potranno emergere solo stringendo accordi (di successione) con i dinosauri del partito. Che tutto questo meraviglioso e faticoso lavorio di cesello rischi di crollare un istante dopo il voto, emerge lampante nel giro di sole ventiquattro ore, con le prime schermaglie fatte dei soliti veti contrapposti tra Vendola, che si candiderà alle primarie, e Casini, che si candiderà a stringere un patto di governo con Pd e Sel. Come nelle (peggiori) tradizioni della I Repubblica, con un esecutivo scelto dalle segreterie dei partiti. In stato di litigiosità permanente. L’ennesimo regalo fatto al nuovo nemico pubblico numero uno che si scrive populismo mentre in realtà si legge Grillo; che ringrazia sentitamente credendo di avere, come ha, al momento, una prateria sterminata di consenso da conquistare e consolidare. Con una incognita che inconsapevolmente deriva proprio dall’esperienza del Governo Monti: un’opzione liberal che proponga un rinnovamento totale della classe dirigente con contenuti seri e rigorosi che possano innestare un processo di cambiamento deciso in Italia ed in Europa, il vero terreno di gioco sul quale confrontarsi. Sparigliare le carte facendo saltare in aria accordi di sopravvivenza degli apparati in salsa neo-catto-comunista attraverso le primarie sia per la selezione del futuro candidato premier che dei futuri candidati parlamentari. Mandando a casa apparati che in questi vent’anni hanno condotto il Paese nelle condizioni che sono note a tutti. Una terza credibile e solida opzione che invece di ripercorrere strade già battute (e tutte fallimentari) porti l’Italia finalmente nella III Repubblica che si potrà costruire solo attorno ad un pilastro: quello di una nuova Europa politica e non solo monetaria.  

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