Storie dell’altro mondoBad bio

Di solito le piante ci portano nutrimento, ossigeno, cibo. Coltivarne e prendersene cura è un atto vitale, fecondo, associato alla prosperità e al benessere. Difficile pensare che esistano piante c...


Di solito le piante ci portano nutrimento, ossigeno, cibo. Coltivarne e prendersene cura è un atto vitale, fecondo, associato alla prosperità e al benessere. Difficile pensare che esistano piante che portano fame, vero? Eppure… riempire il serbatoio delle nostre macchine con l’olio di una piantina – pure dall’aspetto innocuo, come la jatropha – o con i semi di qualche cereale può seminare la fame in molti paesi e molte comunità del mondo.

Difficile da credere. Anche perché finora, a tutti gli automobilisti come noi – che ogni mattina si trovano a dover fare i conti con i prezzi del carburante in continuo aumento, e città sempre più inquinate – hanno raccontato un’altra storia. Ci hanno detto che coltivando colza, canna da zucchero, mais e olio di palma, e riempiendoci i nostri serbatoi avremmo avuto aria più pulita, risparmiando e dicendo addio al cambiamento climatico. Una bellissima storia a cui crede anche l’Unione Europea, che ha stabilito che entro il 2020 il 10% dell’energia per i trasporti debba provenire da fonti rinnovabili per rendere il settore più verde.
Una bella storia davvero. Peccato che non sia vera.

L’obiettivo posto dall’Unione Europea infatti è al momento raggiungibile solo facendo affidamento su biocarburanti provenienti da colture alimentari. Il che vuol dire privare milioni di persone di cibo, terra e acqua: perché, per soddisfare la loro domanda di biocarburanti, i paesi europei devono importare da paesi extracomunitari notevoli quantità di materie prime ricavate da terre sottratte alle comunità locali, spesso destinate alla produzione di cibo.

Questo vuol dire che in Mozambico, dove l’espansione di piantagioni di jatropha e canna da zucchero destinate alla produzione di biocarburanti ha ormai soppiantato le colture tradizionali, i prezzi degli alimenti destinati ad uso familiare sono aumentati, e molte persone non sono in più grado di acquistarli. In altre parole: a seguito della produzione di biocarburanti, non solo le persone sono costrette ad acquistare cibo che altrimenti avrebbero prodotto, ma devono pagarlo di più, perché ce ne è meno in vendita.

In pratica quindi, la crescente domanda europea di biocarburanti frutto della politica dell’Unione Europea sta favorendo l’aumento dei prezzi alimentari su scala globale e, in molti casi, l’espulsione delle comunità locali dalle loro terre, aumentando in modo drammatico fame e malnutrizione nei paesi più poveri. In un nuovo rapporto Oxfam ha calcolato che la terra utilizzata nel solo 2008 per produrre biocarburanti per le auto europee avrebbe potuto sfamare 127 milioni di persone in un anno se fosse stata coltivata a grano e mais. E se si considera che dal 2008 produzione e consumo di biocarburanti sono nettamente aumentati, il numero delle persone che abbiamo lasciato affamate è sicuramente più alto. E, se il trend continua, è destinato ad aumentare: le nostre stime ci dicono che entro il 2020 la domanda di biocarburanti potrebbe far aumentare di più del 30% i prezzi di alcuni alimenti, con un impatto drammatico sui consumatori di tutto il mondo ma soprattutto sui più poveri, che spendono fino al 75% del loro reddito per l’acquisto di cibo.

Dovremo scegliere trasfamare il mondo e fermare la “febbre” del pianeta e il cambiamento climatico, quindi? Tra chi vuole salvare il pianeta e chi salva i suoi abitanti? Questa è un’altra leggenda.

La scomoda verità è che in realtà utilizzare i biocarburanti non serve a fermare il cambiamento climatico e può, invece, addirittura aggravarlo. Quando le foreste e le torbiere vengono trasformate in campi coltivabili, vengono rilasciati milioni di tonnellate di gas a effetto serra– addirittura di più di quelli prodotti dai combustibili fossili. Secondo alcune stime la domanda europea per biocarburanti può determinare impatti indiretti sull’ambiente paragonabili all’immissione su strada di 26 milioni di auto in più.

I biocarburanti non sono quindi una soluzione per ridurre le emissioni e contrastare i cambiamenti climatici: in compenso, hanno una influenza sull’aumento dei prezzi alimentari e contribuiscono al fenomeno del land grabbing nei Paesi in via di sviluppo. Detto questo, come può l’Unione Europea continuare a sostenere i biocarburanti?
Per questo Oxfam chiede ai ministri dell’Energia riuniti oggi a Cipro di abolire le misure a sostegno dei biocarburanti. Le alternative per rendere più sostenibile il settore dei trasporti esistono: introdurre standard più elevati di efficienza energetica per le case automobilistiche, migliorare la rete dei trasporti, promuovere le auto elettriche, investire nella ricerca e nei biocarburanti di nuova generazione (prodotti da rifiuti, o dalle alghe, che non hanno bisogno di terra per essere coltivate)…e molte altre sono in fase di sviluppo. Ma perché vengano trovate altre strade, occorre la voce di ognuno di noi: di ognuno di quegli automobilisti che vogliono utilizzare la propria auto senza inquinare, ma senza nemmeno affamare il mondo. Insieme, possiamo cambiare direzione. Voi che ne pensate?

Elisa Bacciotti

Direttrice Dipartimento Campagne e Cittadinanza Attiva
Oxfam Italia