Leggere è rockCronache della decadenza italiana

Chissà cosa direbbe Luigi Pirandello se oggi si recasse a Chianciano Terme, lui che vi soggiornò per vario tempo e vi condusse la moglie Antonietta, affitta da paranoia, con i tre figli . Qui nacqu...

Chissà cosa direbbe Luigi Pirandello se oggi si recasse a Chianciano Terme, lui che vi soggiornò per vario tempo e vi condusse la moglie Antonietta, affitta da paranoia, con i tre figli . Qui nacquero le novelle “Pallino e Mimì” e “Acqua amara” da cui affiorano le immagini degli albori della località termale con i primi bagnanti e le pensioni in costruzione.
Cosa penserebbe Federico Fellini, che nel 1963 a Chianciano ambientò 8 ½ con un superbo Marcello Mastroianni a interpretare la figura di Guido Anselmi, se si trovasse a passeggiare per le vie della località toscana?
Durante quegli anni Chianciano era una località termale tra le più rinomate in Italia, specializzata nella cura del fegato, meta di bagnanti provenienti da tutto il paese negli anni del boom economico, che rifletteva tutto il suo splendore nel Grand Hotel costruito in stile liberty.
Oggi Chianciano sembra l’ombra di se stessa. A ricordare i fasti degli anni passati, rimane qualche fotografia degli anni ’50 che riflette una città piena di turisti, nuove costruzioni, sguardi felici e spensierati.
Nella Chianciano del 2012 decine di pensioni, quelle che ancora non hanno chiuso, offrono pacchetti a prezzi irrisori pur di attirare qualche forestiero. Strutture decadenti, trascurate, consumate dagli anni, in pieno stile anni ’70, affollano la via principale. Il Grand Hotel in Piazza Italia, mostra i segni di un tempo che fu e che tutti qui rimpiangono. Ormai non rimangono che gruppi di anziani turisti in visita in Toscana che si concedono qualche giorno di relax alle terme. La posizione strategica salva Chianciano dal definitivo collasso: vicina a Siena, ben collegata con l’autostrada e immersa nella campagna toscana, si aggrappa inesorabilmente a questi fattori per rallentare un declino che sempre più vicino.
Tutto è iniziato con le difficoltà del settore termale, un tipo di turismo ormai non più di moda, poi la crisi economica ha assestato il colpo finale (la storia di Fiuggi, un tempo rinomato centro termale del Lazio e oggi in una situazione drammatica, non è differente).
Il centro urbano di Chianciano è spettrale. Ai pochi esercizi commerciali rimasti aperti, si alternano decine di negozi sfitti o in vendita, un paesaggio che più che il set di un film di Fellini ricorda un’opera di Sergio Leone.
Chianciano è la metafora dell’Italia contemporanea. Un paese che negli anni si è cullato nella consapevolezza di possedere un patrimonio artistico, culturale e paesaggistico unico al mondo, ma che non ha saputo rinnovarsi e rilanciarsi, continuando a proporre un tipo di turismo che andava bene negli anni ’70 ma che oggi è drammaticamente insufficiente e carente.
Le pensioni a gestione famigliare sono stritolate tra l’ormai scarso spirito imprenditoriale di anziani gestori, o figli inadeguati, e l’impressionante pressione fiscale.
Un modo di concepire il turismo che non piace nemmeno più agli italiani che a una settimana sulle spiagge della riviera preferiscono un soggiorno in Mar Rosso o nelle isole greche, figuriamoci se può attrarre gli stranieri. Quest’ultimi, allontanati dagli scarsi servizi e dagli alti costi, preferiscono sempre più la Francia e la Spagna al nostro paese.
Il rilancio del turismo in Italia deve partire dalla cultura. Finchè i nostri governanti non capiranno che la cultura può portare guadagni non usciremo da questa situazione. Se non comprendiamo che gli stranieri vengono in Italia soprattutto per ammirare il nostro patrimonio, e se quest’ultimo è mal gestito, poco curato e non sufficientemente valorizzato, non riusciremo a superare questa situazione di impasse.
In questi giorni a Chianciano si terrà la convention dell’Udc, “le primarie delle idee, la rinascita dell’Italia”, recita lo slogan all’ingresso della manifestazione.
La rinascita deve incominciare da qui, dal recupero, dalla rivalorizzazione di ciò che c’è già. Che senso ha continuare a costruire quando ci sono migliaia di edifici in tutto paese in attesa solo di essere riqualificati e ristrutturati? L’esempio delle ex colonie nella riviera romagnola è significativo. Solo a Cervia e Milano Marittima se ne contano una decina. Si continua ad abbattere la pineta per fare spazio a nuove case quando questi giganti di cemento, spesso costruiti con contributi pubblici, giacciono in preda a rovi e cedimenti in attesa solo del periodo in cui l’Italia capirà che è giunto il momento di cambiare le cose.

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