Secondo i dati del Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, nel 2011 sono stati 7.735 (6.832 uomini e 903 donne) i migranti trattenuti nei 15centri di identificazione ed espulsione (CIE) operativi in Italia. Di questi solo la metà (3.880) sono stati effettivamente rimpatriati, con un tasso di efficacia (rimpatriati su trattenuti) del 50,16%. E’ da rilevare peraltro che tale indicatore varia notevolmente da centro a centro; dal CIE di Modena sono stati ad esempio rimpatriati il 68% dei trattenuti, mentre da Brindisi appena il 30% .
Nonostante l’estensione della durata massima del trattenimento da 6 a 18 mesi (giugno 2011) il tasso complessivo di efficacia ha registrato dunque un modesto incremento rispetto al 2010 (3.399 rimpatriati su 7.039 trattenuti con un tasso di efficacia del 48,29%). Se poi si compara il numero effettivo di rimpatri effettuati nel 2008 (anno in cui i termini massimi di trattenimento erano ancora di 60 giorni prima di essere prolungati a 6 mesi nell’agosto 2009 e successivamente a diciotto mesi nel 2011) con quello del 2011, si registra una flessione da 4.320 a 3.880
In questo senso – come rilevato anche dal recente rapporto di MEDU Le sbarrepiù alte– i discutibili benefici in termini di maggior capacità di rimpatrio prodotti dalle estensioni dei tempi massimi di trattenimento, non sembrano giustificare in alcun modo gli alti costi in termini di deterioramento delle condizioni di vita all’interno dei centri e di ulteriore erosione dei diritti fondamentali degli stranieri internati. Ed in effetti tali misure sembrano aver contribuito ad aggravare il clima di tensione e la conflittualità all’interno dei centri come dimostra la serie senza precedenti di rivolte e fughe di massa che si sono verificate nell’ultimo anno.
A riscontro di questa situazione vi è il dato dei trattenuti “allontanatisi arbitrariamente” da queste strutture (il 10% del totale dei trattenuti) che risulta più che raddoppiato rispetto all’anno precedente: 787 nel 2011 rispetto ai 321 del 2010. Le strutture dove si sono verificate le fughe più consistenti sono state nell’ordine: Ponte Galeria a Roma (245), Brindisi (133) e Trapani Kinisia (113 i migranti allontanatisi che rappresentano in questo caso l’80% del totale dei trattenuti).
Se si considera poi il rapporto tra il numero degli stranieri rimpatriati attraverso i CIE (3.880) e il numero di stranieri in condizioni di irregolarità presenti nel nostro Paese (443.000 secondo le stime dell’ISMU al primo gennaio 2011) appare evidente come lo strumento della detenzione amministrativa si confermi nei fatti uno strumento sostanzialmente irrilevante e scarsamente efficace nel contrasto dell’immigrazione irregolare.
Analizzando poi i dati delle nazionalità si osserva come l’efficacia dei rimpatri si differenzi notevolmente in funzione del paese di provenienza degli immigrati. Il tasso di efficacia (rimpatriati su trattenuti) varia infatti dal 83% per gli albanesi al 35% nel caso dei cittadini cinesi. La possibilità di eseguire concretamente l’espulsione sembra dipendere dunque dall’effettiva collaborazione ai fini dell’identificazione e del rimpatrio dei corrispettivi paesi di provenienza piuttosto che da tempi di trattenimento più lunghi.
Per concludere, i dati del 2011 confermano il sostanziale fallimento dei CIE nel conseguimento dei loro scopi dichiarati, ossia l’identificazione e l’effettiva espulsione dei migranti in condizione d’irregolarità. “Un’istituzione- scrive l’associazione MEDU-Medici per i diritti umani – che, occorre ricordare, è stata in questi anni un formidabile strumento mediatico al servizio delle politiche securitarie in tema di immigrazione; tanto più efficace arma comunicativa nell’ostentare la capacità di contenere e scoraggiare l’arrivo di “ondate di clandestini” nel nostro Paese, tanto meno effettiva – una sorta di tigre di carta – nel reale contrasto dell’immigrazione irregolare”.