Cazza la randaAria nuova,finalmente,all’Enit:se n’è andato l’ultimo dei Brambilla boys

Con la fresca designazione del nuovo direttore generale dell'Enit si archivia definitivamente la disastrosa parentesi degli amici di Michela Vittoria Brambilla ai vertici delle istituzioni deputate...

Con la fresca designazione del nuovo direttore generale dell’Enit si archivia definitivamente la disastrosa parentesi degli amici di Michela Vittoria Brambilla ai vertici delle istituzioni deputate a promuovere e commercializzare il brand Italia nel mondo. Dopo l’avvicendamento alla presidenza tra il fascinoso e inconcludente Matteo Marzotto ed il tenebroso Pier Luigi Celli, è infatti giunto il momento del cambio della guardia alla direzione generale. Abbandona dunque il campo Paolo Rubini, sopravvissuto fino alla naturale scadenza del contratto dopo l’uscita di scena della Brambilla, l’ex ministro del Turismo, che verrà ricordata soprattutto per aver lottato strenuamente per dare il diritto anche ai cani di soggiornare, gratis, negli alberghi italiani.

Al posto di Rubini, catapultato alla direzione generale dell’Enit nonostante una vaga competenza in materia di turismo – è stato responsabile della ‘banca dati’ dei Circoli della libertà, ex responsabile dell’audit interno dell’Isvap ed è vicepresidente della StemWay Biotech, specializzata nel congelamento di cordoni ombelicali – arriverà, finalmente, uno che di turismo si intende. Si tratta di Andrea Babbi, dal 2006 amministratore delegato di APT Emilia Romagna, ossia di una delle poche realtà che in questi anni è stata capace di vendere con efficacia, nel mondo, un pezzo d’Italia.

Non sarà certo facile il compito di Babbi, perché si tratterà di invertire la rotta di una realtà che per troppi anni è stato considerata un buon assumificio, dove piazzare amici ed amici degli amici e con cui sono state dilapidate ingenti risorse pubbliche. Senza che dallo sperpero di centinaia di milioni di euro derivasse un ritorno, seppur minimo, in termini di potenziamento dell’attrattività turistica del paese.

Da questo punto di vista gli anni dei Brambilla boys Marzotto e Rubini sono stati certamente emblematici: decine di milioni di euro spesi per dar vita a marchi, progetti, iniziative, missioni completamente avulsi da un approccio e da una pianificazione strategica. L’esempio più lampante, che viene spesso richiamato, è quello del conferimento a Buonitalia spa – carrozzone fortemente voluto da Zaia ed ora in liquidazione – di 7 milioni di euro per avviare il Convention Bureau Italia, con l’obiettivo di promuovere e valorizzare l’offerta italiana della Meeting & incentive Industry. Peccato che in neppure due anni di attività, il CBI abbia accumulato una montagna di debiti, che potrebbe presto condurre alla sua chiusura.

Ma l’Enit, pur con l’innesto di indubbie competenze, rischia di continuare ad essere poco incisivo fino a quando non si farà ordine nel confuso quadro normativo esistente in materia di turismo. Quello scaturito, tanto per cambiare, dalla scellerata riforma del titolo V, in forza della quale è stata attribuita una competenza esclusiva alle Regioni in tema di promozione e commercializzazione turistica. Con il risultato che, in assenza di chiari principi regolatori a livello centrale, 21 regioni si sono promosse in 21 modi diversi, poche sono state in grado di vendersi, ogni territorio ha messo in pista una propria strategia, spesso improvvisata, di posizionamento sui diversi mercati ed ogni regione si è data una propria disciplina sui criteri di classificazione delle strutture ricettive. Nel gran caos che da tutto ciò è derivato ha perso pesantemente il sistema paese e la capacità competitiva del brand Italia sui mercati mondiali.

Da un urgente riordino normativo si dovrebbe innanzitutto partire anche per dare un senso al nuovo corso all’Enit e garantire efficacia alle auspicabili nuove strategie che l’ente ed il suo nuovo direttore generale metteranno in atto. Ciò, prima ancora che sia varato il piano strategico, in fase di elaborazione da parte del Ministro Gnudi, e che pare preveda lo stanziamento di 60 milioni all’anno per i prossimi tre anni al fine di promuovere il marchio Italia.

Temo, in caso contrario, che un regionalismo schizofrenico, autoreferenzale e incapace di pensare in un’ottica di promozione turistica unitaria, oltre a non mettere in condizione Enit di fare fino in fondo il proprio mestiere, vanificherà, ancora una volta, lo sforzo finanziario messo in campo.

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