Due minuti per raccogliere tutte le tue cose. Gioielli, giocattoli, dvd, computer, vestiti… ma anche cibo e medicine. Poi te ne devi andare, lasciare la tua casa per non vederla più. E se stai pensando di fare resistenza, non ti conviene: nessuno verrà ad aiutarti, e il problema di dove portare la tua famiglia sarà soltanto tuo.
Un brutto sogno? Non per tutti. Nell’ultimo decennio un’area di terra grande quasi sette volte l’Italia è stata oggetto di acquisizioni a livello globale. Un fenomeno che aumenta vertiginosamente: sequestro di carbonio, produzione di biocarburanti, coltivazioni di legname e altre colture non alimentari, investimenti speculativi rendono la terra un bene sempre più agognato dalle aziende.
Questa recente corsa alla terra è selvaggia e senza precedenti; i più poveri continuano ad essere sfrattati, spesso con la violenza, perdendo le loro case e l’accesso alla terra che è la loro fonte di cibo e guadagno, senza essere consultati né risarciti.
“Qui dove vivo, da qualche anno sono arrivate delle società private. Hanno spiegato al nostro capo villaggio che avevano il diritto di prendere la terra a destra della strada rossa, così senza un perché. La verità è che sono andati anche oltre la strada, ora hanno circondato il mio campo e ci hanno messo pure una guardia. E’ la prassi, girano intorno alla tua proprietà e alla fine non ci puoi più andare”. Nain Ly vive a Vann Siem, in Cambogia, e come altre 10.000 persone dipende dal proprio campo e dalla foresta per vivere. Ma la foresta si fa sempre più piccola, perché gli abitanti della zona per guadagnarsi da vivere vanno a disboscare, una volta cacciati dalle loro terre. Nel 2011 il governo cambogiano ha concesso terreni alle aziende per più di 7.000 chilometri quadrati, la maggior parte dei quali in parchi nazionali e riserve naturali.
Due terzi degli accordi sulla terra per uso agricolo sono stati conclusi da investitori stranieri in paesi con gravi problemi di fame. In modo ancora più ingiusto, solo un’infinitesima parte di questa terra è stata utilizzata per il fabbisogno delle comunità nazionali. Il nuovo rapporto di Oxfam Chi ci prende la terra, ci prende la vita presentato oggi avverte che tra il 2000 e il 2010 oltre il 60% degli investimenti internazionali in terreni agricoli sono avvenuti in paesi in via di sviluppo che hanno gravi problemi di fame.
Oxfam lancia un appello per chiedere alla Banca Mondiale di sospendere subito i suoi investimenti in terreni agricoli per il tempo necessario a introdurre politiche più efficaci per fermare il land grabbing, e chiede che l’incontro annuale della Banca Mondiale in programma a Tokyo dal 12 al 14 ottobre – il primo a tenersi dalla nomina di Jim Kim come presidente – segni un primo passo verso la sospensione degli investimenti sulla terra da parte della Banca Mondiale, aumentati del 200% negli ultimi 10 anni.
Elisa Bacciotti
Advocacy e Campaign Director
Oxfam Italia