Il paragone con Heinrich Brüning è lo spauracchio di ogni politico tedesco. A riportarlo agli onori delle cronache ci ha pensato nei giorni scorsi Peer Steinbrück, lo sfidante di Angela Merkel alle elezioni politiche del 2013 in Germania, nel suo intervento al Bundestag del 18 ottobre, il primo dopo la designazione annunciata dal leader socialdemocratico Sigmar Gabriel a fine settembre. Durante il dibattito parlamentare che seguiva la contestata visita di Stato della Cancelliera tedesca in Grecia e il dito puntato di François Hollande al Consiglio Europeo di Bruxelles della settimana scorsa, a irritare visibilmente Angela Merkel è giunto il riferimento di Steinbrück a Heinrich Brüning, il cattolico nazional-conservatore della Repubblica di Weimar accusato, con la sua politica di rigore, di aver aperto la strada all’avvento del nazismo.
Che il sessantacinquenne candidato socialdemocratico fosse uomo di chiare parole è noto, tanto da far orientare su di lui la scelta della SPD tedesca, accantonando la possibilità di ricandidare l’antico sfidante della Merkel Frank-Walter Steinmeier, lo sconfitto delle elezioni federali del settembre 2009. L’attacco di giovedì scorso è stato comunque diretto: Steinbrück ha accusato la Merkel di “mobbing” nei confronti della Grecia, ammonendo che oggi l’Europa ha bisogno di un patto per la crescita e non unicamente di misure di risparmio. Poi ha rincarato la dose, addossando all’attuale governo federale la responsabilità politica dell’isolamento tedesco in Europa. “Oggi più che mai la Germania è isolata in Europa, ma il futuro della Germania è l’Europa e in questo futuro noi dobbiamo investire”.
Quindi ha assestato il suo colpo. “Per misurare l’enormità dell’idiozia economica insita nell’equazione ‘stabilità attraverso il rigore’ dobbiamo compiere un’incursione nella storia tedesca. All’inizio degli anni Trenta la politica del rigore di Brüning, che seguiva esattamente questa logica, non ha portato né stabilità né prosperità. Il bisogno distrugge la democrazia, la fame divora la stabilità sociale”.
La carriera politica di Heinrich Brüning non è certo un esempio da seguire nella Germania federale di oggi. Cancelliere dal 30 marzo 1930 al 30 maggio 1932, nel pieno della crisi della Repubblica di Weimar, Brüning (nella foto a sinistra, insieme al suo Ministro degli Esteri Julius Curtius nell’aprile 1931) tagliò progressivamente le spese statali in linea con la sua impostazione liberista, secondo la quale il contenimento della spesa pubblica avrebbe avviato la ripresa economica. Ma non solo: durante i suoi anni di governo, con il concorso del Presidente Paul von Hindenburg, la normale attività parlamentare fu progressivamente ristretta nel cosiddetto “sistema Brüning”, che affidava poteri sempre maggiori all’esecutivo sottraendoli al controllo del Reichstag. Nelle sue memorie, pubblicate postume nel 1970, Brüning ha cercato di difendersi dall’accusa di aver favorito, attraverso la sua politica economica e la sua prassi parlamentare, l’ascesa del nazismo, sostenendo che il suo scopo, nel 1932, fosse il raggiungimento in Germania di una monarchia parlamentare sul modello inglese, proprio in funzione di argine nei confronti del nascente movimento hitleriano.
Il paragone proposto giovedì scorso da Steinbrück, a dire il vero, non è nuovo. Oskar Lafontaine aveva usato gli stessi argomenti nei confronti del suo compagno di partito Gerhard Schröder nel novembre 2002 per criticare la politica economica del secondo governo rosso-verde guidato dall’allora premier tedesco. “Sembra Heinrich Brüning redivivo, la cui politica di rigore e di risparmio ha generato disoccupazione di massa e ha aperto la strada a Hitler”, aveva tuonato Lafontaine, ponendo l’accento su una possibile deriva neoliberista del governo a guida socialdemocratica. “Oggi come allora regna l’incertezza”.
Il 9 dicembre prossimo, nel corso di un Parteitag straordinario della SPD che si terrà ad Hannover, verrà ufficializzata la candidatura di Steinbrück alle elezioni politiche del 2013 in Germania. Un sondaggio INSA pubblicato oggi dal “Bild” assegna inaspettatamente alla coalizione rosso-verde che sostiene Steinbrück la maggioranza dei seggi, con la SPD al 32% e i Verdi al 13%. Se, come rileva il sondaggio, FDP e Piraten rimanessero sotto la soglia di sbarramento, intorno al 4%, l’Unione CDU/CSU di Angela Merkel si troverebbe all’opposizione e tramonterebbe anche l’ipotesi di far nuovamente ricorso a un governo di larghe intese. Con una maggioranza rosso-verde al Bundestag, la strada per il candidato socialdemocratico sarebbe spianata.
Alcuni, come Katja Kipping della Linke, continuano a giudicare troppo moderata la scelta del Ministro delle Finanze socialdemocratico del primo governo di Angela Merkel, il governo della “Große Koalition” durato dal novembre 2005 all’ottobre 2009. Altri, e non solo in Germania, cominciano invece a intravedere, dopo anni di rigore dell’asse Merkel-Sarkozy, una via d’uscita solidale alla crisi che attanaglia l’Europa, tracciata da un nuovo “ottimismo della volontà”, ancora tutto da costruire, della coppia Hollande-Steinbrück.