Per iniziativa di “Naša Stranka” parito creato dal regista premio nobel Danis Tanović, Jakob Finci potrebbe essere il prossimo sindaco di Sarajevo. Dal sostegno alla capitale durante la guerra alla battaglia legale per rivendicare i diritti delle minoranze in Bosnia Erzegovina, la sua storia è quella del proprio paese. Un breve ritratto.
(Nella foto: donna nel sobborgo di Dobrinja, durante l’assedio di Sarajevo – Tom Stoddart)
Jakob Finci ha ufficialmente accettato la candidatura a Sindaco di Sarajevo, ufficialmente propostagli dal partito Naša Stranka all’indomani delle elezioni amministrative del 7 ottobre. Discendente della comunità di Ebrei Sefarditi che giunsero a Sarajevo per sfuggire alle persecuzioni spagnole nel diciassettesimo secolo, Finci nacque nel 1943 in un campo di concentramento italiano: discriminazioni razziali e guerra lo accompagneranno per tutta la sua vita.
Finci è uno dei tanti “eroi normali” dell’assedio di Sarajevo. Al momento dello scoppio delle ostilità, nel 1992, egli decide di rifondare l’organizzazione caritatevole ‘Benevolencija‘, nella quale assume la carica di vicepresidente. Con tutta la comunità ebraica, s’impegna a fornire aiuto ai propri concittadini. “In qualche modo”, ricorda oggi, “fummo capaci di aiutare più di 3.000 persone a lasciare la città assediata, attraversando le linee nemiche”.
La circostanza di non appartenere a nessuno dei tre gruppi nazionali in lotta aiuta gli ebrei di Sarajevo ad apparire come neutrali, così Finci non si limita ad aiutare i fuggitivi: cerca, al tempo stesso, di provvedere a chi rimane sotto il tiro di granate e cecchini. A Sarajevo, dove manca qualsiasi cosa, ‘Benevolencija’ distribuisce generi alimentari e medicinali: “all’inizio dell’assedio”, spiega Finci “tutto era stato saccheggiato. Noi eravamo comunque in possesso di una quantità di medicinali superiore alle nostre esigenze, e siccome avevamo sempre vissuto in armonia con chiunque, decidemmo di condividere le nostre risorse con gli abitanti della città”. Gli ebrei di Sarajevo aprono una farmacia gratuita, che soddisfa da sola fino al 40% della domanda di medicinali della popolazione. Finci gestisce anche una piccola mensa, che riesce a scodellare qualcosa come 300 pasti gratuiti al giorno.
Per Finci le cose cambiano dopo Dayton. D’improvviso la propria origine ebraica, se prima aveva costituito quasi un vantaggio, diventa una ragione per escluderlo dalla vita politica del Paese. La nuova Costituzione della Bosnia Erzegovina stabilisce una rigida divisione delle cariche amministrative e politiche tra le tre “nazionalità costitutive”. Non c’è più spazio per coloro che, come lui, rientrano nella categoria degli “ostali”, i rimanenti, ovvero le altre minoranze, messe dalla legge su un piano di subordinazione rispetto a Croati, Serbi e Bosgnacchi. Chi non rientra in una delle tre definizioni non può essere eletto alla Presidenza né alla “camera alta” del Parlamento Bosniaco, la “Assemblea dei Popoli”.
Finci non si allontana dalla vita pubblica: nel 2008, è nominato ambasciatore in Svizzera. La circostanza non gli impedisce di fare causa al proprio Governo per discriminazione, insieme a Dervo Sejdić, che appartiene alla minoranza Rom di Bosnia Erzegovina. Il caso finisce davanti alla Corte Europea di Strasburgo, che riconosce le ragioni degli “ostali”, ed obbliga Sarajevo a cambiare la Costituzione. La modifica della legge è, ancora oggi, una delle richieste principali dell’Unione Europea, affinché la Bosnia Erzegovina possa proseguire sulla strada dell’integrazione. Ma poco o nulla è stato fatto dalla classe politica locale, e così si continua ad aspettare un cambiamento che si fa sempre meno probabile. Nel corso della sua ultima apparizione pubblica, al meeting inter-religioso di Sant’Egidio a Sarajevo, Finci ha lanciato un avvertimento ai politici del proprio paese: “siamo tutti nella stessa nave. Chi fa dei buchi deve capire che il naufragio riguarderà tutti, compresi loro stessi. La Bosnia Erzegovina è un Paese dalle molte ricchezze, appartiene a tutti i suoi cittadini, agli abitanti di questa terra meravigliosa e sofferente”. Vent’anni dopo ‘Benevolencija’, la battaglia di Finci non è ancora finita.