Uno spettro si aggira per il globo: il nuovo album dei My Bloody Valentine. Facendo un po’ di conti lo fa, insinuandosi nella coscienza e nelle imprecazioni degli appassionati, fin dai primi anni Novanta. Adesso è tornato a farsi avvistare: c’è una data d’uscita, seppure approssimativa. Un po’ ovunque in rete, in questi giorni, è infatti rimbalzata la notizia che il successore di “Loveless”, anno 1991, sarà nei negozi entro la fine dell’anno, ovvero tra una manciata di settimane. Se ne parlava già nei primi anni ’90 di un nuovo disco: la band non si era mai ufficialmente sciolta, ma era rimasta pubblicamente inattiva fino al 2007, quando il leader Kevin Shields, nell’annunciare per l’anno successivo un ritorno sui palchi, si era lasciato sfuggire che il nuovo disco, al quale stava lavorando dal 1996, era quasi pronto. Nessuno ci aveva creduto davvero.
La leggendaria pignoleria di Shields, per qualcuno spintasi ai confini di ossessione e follia, era del resto entrata a far parte dell’immaginario del rock alternativo molto tempo prima: quella del gruppo asserragliatosi letteralmente in studio durante le registrazioni di “Loveless” (il cui budget, in gran parte esauritosi nello sterminato elenco di tecnici del suono e studi di registrazione utilizzati, si dice avesse raggiunto le 250mila sterline), con il discografico Alan McGee fuori dalla porta infuriato era, per quanto probabilmente apocrifa, una immagine assolutamente plausibile. McGee, patron della Creation, aveva sciolto ogni vincolo e ci sarebbero voluti gli Oasis per riportare i bilanci della sua etichetta in attivo.
Shields negli anni 2000 ha lavorato con gli amici Primal Scream e ha preso parte alla colonna sonora del film “Lost In Translation”. Ha riportato infine sul palco il rock del gruppo, densamente fisico e idealisticamente astratto al tempo stesso, con volumi sempre più alti e diretti verso una idea sempre più metafisica di suono, facendo fischiare le orecchie ad alcune decine di migliaia di persone. C’era poi stata la faccenda delle ristampe: i due album storici, “Isn’t Anything” e “Loveless”, e una antologia degli Ep pubblicati tra un’uscita e l’altra, annunciati e rimandati una infinità di volte. Anche qui: non ci credeva più nessuno.
Il fatto che le suddette ristampe, dopo mille slittamenti (con i rivenditori online costretti a modificare periodicamente la data di uscita), siano infine giunte nei negozi lo scorso maggio accende qualche speranza in più: nel giro di tre settimane la nostra curiosità di appassionati di musica ormai rassegnati a corsi e ricorsi retromaniaci potrebbe ottenere giustizia. Sempre che il peculiare punto di vista di Shields sull’immaterialità della musica stessa (niente processo di digitalizzazione o progressiva scomparsa del supporto fisico, argomenti di discussione gettonatissimi nell’affrontare il tema: al loro posto una ormai raffinatissima arte procrastinatoria) non ci getti ancora una volta nell’indefinita dimensione dell’attesa.