Il viaggio della speranza dei due ragazzi della Guinea che nel luglio 1999 scrissero ai potenti del mondo e morirono assiderati nella stiva di un aereo all’origine del film di Paolo Bianchini nelle sale dal 15 novembre
Farà sicuramente discutere, come ogni trasposizione cinematografica di fatti realmente avvenuti, dove l’aderenza alla realtà deve conciliarsi con i gusti del pubblico e le esigenze della produzione. La pellicola solidale di Paolo Bianchini, con un cast di attori come Angela Finocchiaro, Francesco Salvi, Diego Bianchi (“Zoro” del programma televisivo Parla con me, al suo esordio cinematografico), Gaetano Fresa, Fallou Cama, Giobbe Covatta, è un tuffo nel buio, un’avventura in netta controtendenza rispetto alle odierne abitudini del mondo del cinema.
Girato in un rigoroso 35 millimetri (“l’ultima pellicola 35mm uscita a stento dalla Tecnicolor”, ha rivelato il regista), il film racconta la storia tragica di quel 29 luglio 1999, quando Yaguine Koïta e Fodé Tounkara, due ragazzi della Guinea di 14 e 15 anni, salirono nel vano carrelli di un aereo della Sabena partito dall’aeroporto di Conakry e diretto a Bruxelles. In tasca avevano una lettera da consegnare ai “grandi del mondo” a nome di tutti i loro compagni africani, in cui chiedevano di essere aiutati a studiare e a crescere in una terra, l’Africa, dove l’istruzione è ancora un privilegio per pochi. Si erano vestiti con diverse paia di pantaloni infilati uno sopra l’altro, maglioni, giacche e cappelli, ma con dei semplici sandali ai piedi. La lettera fu ritrovata nelle loro tasche dopo l’atterraggio all’aeroporto di Bruxelles. I due ragazzi erano morti assiderati durante il viaggio, in volo, a 10mila metri di altezza, dove la temperatura esterna raggiunge i 45 gradi sotto lo zero.
Alle loro eccellenze i signori membri e responsabili dell’Europa.
Abbiamo l’onore e il piacere e la grande fiducia di scrivervi questa lettera per parlarvi della ragioni del nostro viaggio e della sofferenza di noi bambini e giovani dell’Africa. Ma prima di tutto, vi presentiamo i nostri saluti più squisiti e rispettosi. A tal fine, siate il nostro sostegno e il nostro aiuto. Voi siete per noi, in Africa, coloro a cui possiamo chiedere aiuto; ve ne supplichiamo per l’amore che avete per il vostro continente, per i sentimenti che voi avete nei confronti dei vostri popoli e soprattutto per l’amore per i vostri figli che voi amate al di sopra della vostra vita. Vi supplichiamo anche per l’amore e l’obbedienza per Dio Onnipotente, nostro Creatore che a voi ha dato tutte le opportunità e le ricchezze per costruire e ben organizzare il vostro continente al fine di renderlo ammirevole agli altri.
Signori, membri e responsabili dell’Europa, è alla vostra solidarietà e alla vostra gentilezza che noi gridiamo di venire in aiuto dell’Africa. Aiutateci. In Africa soffriamo problemi enormi e i bambini non hanno diritti. In Africa soffriamo le guerre, le malattie, la fame etc.. Per quanto riguarda noi bambini, in Africa e, soprattutto in Guinea, abbiamo poche scuole e soffriamo la mancanza di educazione e insegnamento. Nelle scuole private si può avere buona educazione e buon insegnamento ma occorrono grandi somme di denaro e i nostri genitori sono poveri e possono dedicarsi solo al nostro nutrimento. Inoltre non abbiamo luoghi dove possiamo imparare e praticare il football, il basket o il tennis.
Per queste ragioni noi, bambini e giovani africani, vi chiediamo di fare una grande organizzazione utile per l’Africa che ci permetta di progredire. Se vedete che affrontiamo sacrifici e che mettiamo a rischio la nostra vita è perché in Africa soffriamo troppo e abbiamo bisogno di voi per lottare contro la povertà e porre fine alla guerra in Africa. Tuttavia noi vogliamo studiare e vi chiediamo di aiutarci a studiare affinché i bambini africani possano essere come i vostri bambini. Infine vi supplichiamo di scusarci moltissimo di aver osato scrivervi questa lettera in quanto voi siete degli adulti a cui noi dobbiamo molto rispetto. E non dimenticate che, a causa della debolezza della nostra forza che soffriamo in Africa, non possiamo che rivolgerci a voi.
Scritto da due bambini guineani. Yaguine Koïta e Fodé Tounkara.
“A questa lettera vogliamo dare una risposta”, dichiara Bianchini. Va in Africa, scopre la realtà scomoda ai nostri occhi di un paese come la Guinea, in cui, secondo stime della Banca Mondiale, il 43% della popolazione di 10 milioni di abitanti vive con meno di un dollaro al giorno. Una terra dove secondo dati dell’UNESCO il 70% degli adulti non sa né leggere né scrivere. Raccoglie testimonianze, incontra i genitori dei due ragazzi, ormai ribattezzati in Guinea «les Martyrs de l’Afrique», partecipa come ambasciatore Unicef alla nascita di una Fondazione intitolata a loro nome e presieduta da Limane Koïta, il padre di Yaguine. Realizza un primo reportage, trasmesso da Rainews24, che servirà da canovaccio per il film in preparazione.
E’ a Conakry che Bianchini decide che il film racconterà un duplice viaggio e un duplice sogno: quello dei due ragazzi guineiani, in viaggio verso Bruxelles per raccontare ai grandi d’Europa i drammi dell’Africa, e quello di due bambini calciatori, Rocco e Thabo, uno italiano, l’altro africano, che cercano di tornare insieme in Africa, nel villaggio d’origine di Thabo. Una vicenda immaginaria, quest’ultima, ma che si ispira alle storie di tante vittime della tratta dei bambini calciatori, che vede coinvolte anche famose squadre italiane: migliaia di ragazzi prelevati dai loro villaggi con la promessa di diventare i nuovi campioni del futuro e abbandonati poi al loro destino quando le società sportive non rinnovano loro il contratto d’ingaggio.
“Ogni anno 20mila ragazzini vengono portati in Italia per entrare nelle giovanili delle grandi squadre di calcio”, racconta il regista. “E spesso le loro famiglie vendono tutto il poco che hanno per pagargli il viaggio. Uno di loro diventa un campione, gli altri 19999 vengono abbandonati. Nessuno li riporta a casa, e spesso non conoscono nemmeno il nome esatto del loro paese. Il 20% di loro muore tentando di ritornare a casa, in quelli che chiamano ormai i Sentieri delle scarpe”.
Un racconto che fa riflettere, quello del film “Il sole dentro”, con il destino apparentemente segnato dei prodotti low budget, ma che dimostra ancora una volta che anche con pochi mezzi il cinema italiano riesce a fare bei film. Una pellicola che nasce dalla tenacia dei suoi realizzatori, ma anche dalla forza di una storia sottratta all’oblio, una storia che certamente non può lasciare indifferenti.