L’intonarumoriL’inevitabile rubrica dei consigli per l’ascolto (prima puntata)

Consigliare dischi è la missione tradizionalmente associata al mestiere di giornalista musicale, oltre che una piacevole deformazione professionale. Il sottoscritto ha deciso di creare un blog senz...

Consigliare dischi è la missione tradizionalmente associata al mestiere di giornalista musicale, oltre che una piacevole deformazione professionale. Il sottoscritto ha deciso di creare un blog senza ricorrere a schemi precisi ma il puro piacere della segnalazione prenderà, di tanto in tanto, il sopravvento, con una regolarità non troppo rigida e senza l’affanno di arrivare per primi a tutti i costi, magari prendendosi pure la libertà, di tanto in tanto, di scartabellare tra ripescaggi fuori tempo massimo, ristampe e vecchi dischi riascoltati con orecchie nuove. Ecco i primi tre consigli.

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Cody Chesnutt ha atteso dieci anni per dare un seguito a The Headphone Masterpiece. Ci aveva in realtà già provato qualche anno fa, senza riuscire a portare a termine l’impresa, e temevamo sarebbe rimasto prigioniero dei propri fantasmi, malati di perfezionismo. Fortunatamente Landing On A Hundred (One Little Indian) smentisce i nostri timori, e anche questa volta è un gran bel sentire. Dell’enciclopedico e imponente doppio album del 2002, esordio che aggiornava il canone della black music alla sensibilità del nuovo millennio (prima di tutto attraverso la scelta di registrare ogni nota in regime di autarchia, con una resa sonora volutamente sporca e lo-fi), si conserva l’anima più che lo stile: gli arrangiamenti suonano decisamente classici e riportano agli anni Settanta. Le canzoni, però, sono ancora una volta straordinarie, gli archi orchestrati con gusto, il groove visceralmente incisivo, le storie di redenzione raccontate dai testi convincenti. Dall’alto dei cieli Curtis Mayfield e Marvin Gaye offrono la loro benedizione.

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Adriano Modica chiude la propria trilogia dei materiali (il riferimento è a stoffa, pietra e legno), inaugurata nel 2005 da Annanna e proseguita nel 2008 con Il fantasma ha paura, conLa sedia (Cardio a Dinamo). Un album che immerge la nostra tradizione cantautorale più intimista, il Lucio Battisti di Anima Latina, Alan Sorrenti, Collodi e l’eclettismo obliquo proprio di colleghi come i Mariposa in uno spazio acustico dai connotati onirici e surreali, dotato di regole proprie, nel quale troviamo accostati un fantomatico coro acrobatico delle voci nell’armadio, il cameo dell’artista inglese Duggie Fields (coinquilino di Syd Barrett nel periodo in cui il fondatore dei Pink Floyd si eclissava definitivamente dal mondo), registrazioni sul campo, storie di alieni e di alberi delle mollette. Materiali apparentemente troppo bizzarri per convivere serenamente, ma che il peculiare talento di Modica sa tenere a bada e armonizzare a dovere.

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Robert Pollard ha scritto oltre 1500 canzoni. Solo quest’anno ha pubblicato due album con la sua band storica, i Guided By Voices, ritornati in attività dopo un decennio, è in procinto di pubblicarne un terzo e ha pure trovato il tempo di incidere un nuovo lavoro a proprio nome, Jack Sells The Cow (Fire Records). Come negli album della ragione sociale principale, qui troviamo spunti brillanti, buone idee, una percentuale più che accettabile di riempitivi e l’inevitabile dose di autocitazioni. Rispetto ai Guided By Voices la strumentazione è più spartana ma non meno rock, più vicina ad una sensibilità pop e appena più rifinita rispetto ai canoni del gruppo di Dayton, Ohio, immarcescibile punto di riferimento per la musica indipendente americana da metà anni Novanta in poi. In comune, il talento per i ritornelli killer e la capacità di tirare su una canzone con due o tra accordi ben assestati.

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