Cazza la randaMichele Santoro è finito

Faccio parte di quella schiera di ex giovani (che poi in territorio italico sono considerati pre-adolescenti!), che, grazie ad un humus famigliare favorevole, a qualche lettura, ad una insegnante ...

Faccio parte di quella schiera di ex giovani (che poi in territorio italico sono considerati pre-adolescenti!), che, grazie ad un humus famigliare favorevole, a qualche lettura, ad una insegnante di lettere con la schiena dritta e ad un po’ di fato, ha potuto sviluppare un discreto livello di civismo. Alimentato peraltro anche da un sentimento di indignazione per le ingiustizie e le porcherie di questa terra. Un sentimento, in parte innato ed in parte maturato anche seguendo pochissime valide trasmissioni televisive.

Tra queste annovero certamente Samarcanda, il cui padre fondatore, come forse ricorderanno gli ex giovani come me, è Michele Santoro. Per il quale Samarcanda ha un valore speciale, perché da lì partì la sua bella carriera come mattatore dell’agorà politica e fustigatore del “regime” di turno.

Santoro nel tempo è cambiato, come accade a tutti. E con lui probabilmente sono cambiato pure io, perché nel suo stile e nella sua comprensibile battaglia antiberlusconiana non mi sono più ritrovato. Così ne ho preso le distanze negli anni scorsi.

Il Santoro che ho riveduto, dopo tantissimo tempo, nelle ultime due puntate di Servizio Pubblico, mi ha semplicemente imbarazzato. Oltreché intristito. Del Santoro apprezzato con Samarcanda e con altre buone trasmissioni successive ad essa, ho trovato infatti una brutta copia. Mi sto chiedendo in queste ore cosa possa essere accaduto. Forse a Santoro è capitato ciò che è successo ad altri giornalisti, che, dopo la caduta di Berlusconi, han perso uno dei sensi della propria esistenza (giornalisticamente parlando) e sono dunque sono alla ricerca di una nuova identità.

Resta il fatto che vedere Santoro, la scorsa settimana, prendere di fatto le difese di Di Pietro è stata una amarissima sorpresa. Perché Santoro non solo non ha infierito come avrebbe dovuto rispetto alla vecchia storia, risollevata da Report, del presunto uso privato di soldi pubblici. Il conduttore di Servizio Pubblico ha bellamente ignorato una cosa nota e documentata ossia il fatto che l’IdV ha avuto, negli ultimi anni, una gestione opaca di un fiume di denaro pubblico: 50 milioni di euro, dal 2008 al 2011.

La difesa d’ufficio messa in scena da Santoro ha avuto per giunta la complicità di Marco Travaglio, che generalmente è una iena assatanata e si getta a capofitto, con puntiglio invidiabile, in casi come quelli per i quali Di Pietro sta rischiando di perdere la leadership. Invece anche Travaglio è stato un agnellino, quasi timoroso di mettere in difficoltà Di Pietro.

Che Santoro sia cambiato in profondità è apparso evidente, almeno ai miei occhi, ieri sera. Ospite principale della puntata di Servizio Pubblico era nientepopodimeno che Flavio Briatore. Presentato da Santoro come “il teorico del perseguimento della ricchezza e del successo”. E chiamato dal conduttore a discutere di crisi finanziaria, di disoccupazione, di poliziotti ed operai malpagati, di studenti che non trovano lavoro.

Ebbene io credo che al Santoro conosciuto tanti anni fa non sarebbe passato nemmeno per l’anticamera del cervello di fare intervenire ad una propria trasmissione uno come Briatore. E soprattutto di far parlare di temi molto seri un personaggio che ha certo guadagnato legittimamente un sacco di soldi, ma con cui tutt’al più si può parlare al bar di gnocca e formula uno.

Delle due l’una: o Santoro è impazzito oppure, come temo, è prorio finito.

Entra nel club, sostieni Linkiesta!

X

Linkiesta senza pubblicità, 25 euro/anno invece di 60 euro.

Iscriviti a Linkiesta Club