Il 2012 giunge al termine e in tutti i Paesi della regione è tempo di approvare il Bilancio Pubblico per il prossimo anno. Per molti, il 2013 porterà importanti tagli alla spesa pubblica: alla base, il rallentamento dell’economia europea; ma anche un imponente indebitamento con l’estero che ormai sta facendo sentire il proprio costo.
L’austerità è il nuovo dogma dei bilanci pubblici anche ad Est di Trieste. In Slovenia, che da quasi due settimane è scossa da grandi proteste contro il Governo di Janez Janša, la legge di bilancio approvata la scorsa settimana per gli anni 2013 e 2014 cerca di ridurre il deficit per far rientrare l’economia all’interno dei parametri stabiliti con Maastricht. Innalzamento dell’età pensionabile, tagli all’educazione e riduzione degli stipendi pubblici sono le misure che più hanno attirato il malcontento della cittadinanza, e che hanno dato origine alle manifestazioni iniziate a fine novembre.
In Croazia, il Premier Zoran Milanović (come si diceva qui) sta cercando di far fronte alla difficile situazione economica del Paese attraverso l’imposizione di più tasse sui consumi, diminuendo i salari a insegnanti e infermieri e – infine – attraverso il rilancio delle privatizzazioni, rimuovendo gli ostacoli che tuttora esistono per gli investimenti stranieri nel Paese. Zagabria deve, tra le altre cose, tenere sotto controllo il costo del proprio debito pubblico: solo per pagarne gli interessi, nel 2013, il Paese dovrà sborsare 2 miliardi di kune (270 mln di €). Nonostante ciò, tuttavia, l’entità del debito pubblico croato dovrebbe raggiungere il 55% del PIL il prossimo anno e il 56% nel 2014.
Anche Belgrado deve aggiungere buchi alla cintura. La Serbia, al momento impegnata in una nuova serie di negoziati con la Banca Mondiale e il FMI per ottenere nuovi prestiti, ha deciso di ridurre la spesa pubblica di ben 5 punti percentuali. Il Governo dovrà trovare 4,3 miliardi di euro per pagare il costo del proprio debito pubblico, il 25% in più rispetto all’anno scorso. L’ex Presidente della Banca Centrale, Bosko Zivković, ha esortato il Premier Ivica Dačić a consolidare le finanze pubbliche, per evitare il rischio di speculazioni finanziarie che metterebbero in serio pericolo la stabilità economica del sistema.
Il costo del debito pubblico è uno dei capitoli più dolorosi quando si parla dei bilanci pubblici nelle Repubbliche nate sulle ceneri dell’ex Jugoslavia. Il caso più palese di questo stato di cose è probabilmente la Bosnia Erzegovina. Più di settemila persone hanno manifestato la scorsa settimana a Banja Luka, contro la proposta di bilancio per la Republika Srpska. Il Governo dell’entità dovrà sborsare 232 milioni di € per pagare il proprio debito pubblico. Tra le misure adottate per far fronte a questo impegno, c’è un taglio del dieci per cento degli stipendi dei dipendenti pubblici, per un importo complessivo di 114 milioni di marchi (circa 57 milioni di €). “È imperativo mantenere la stabilità finanziaria”, dice Vlatka Malidzan, la portavoce del Ministero delle Finanze dell’entità: “dobbiamo tagliare le agenzie statali e ridurre i salari dei dipendenti. Sono misure dolorose ma necessarie”. Il governo di Banja Luka ha deciso di ridurre drasticamente pure i trasferimenti alle amministrazioni locali e alle comunità religiose. E di destinare più soldi ai settori deboli del mercato del lavoro (da 5 a 6,5, milioni di €): una misura obbligata in un Paese dove la disoccupazione è del 43% circa.
Una strategia che è simile anche nell’altra metà del Paese, quella nel territorio della Federazione Croato-Musulmana. L’austerità, quindi la necessità di snellire un’amministrazione che in molti casi è elefantiaca, dovrebbe essere anche al centro della prossima riforma Costituzionale prevista per la primavera del 2013. Il Paese è da anni alla ricerca di un nuovo assetto istituzionale che dovrebbe prendere il posto di quello, fallimentare, creato attraverso gli Accordi di Pace di Dayton. Una delle vie proposte, tra l’altro, riguarda la modifica sostanziale della struttura creata con i Cantoni (anche se la loro esistenza non sembra essere messa in discussione).
“Tutta la politica economica del Paese può essere spiegata in due parole: risparmiare e prendere in prestito”, dice Goran Radivojać, professore all’Università di Banja Luka: “i cittadini non capiscono che in questo momento il Governo non sta risparmiando per produrre qualcosa con quei soldi. Noi risparmiamo per essere in grado di restituire i nostri debiti. Nulla di ciò che risparmieremo con questi tagli rimarrà nel nostro Paese … ci aspetta un anno molto difficile”. “Sono sicuro”, conclude Radivojać, “che ci attende un periodo di grandi tensioni: non solo in Bosnia Erzegovina, ma in tutta l’Europa”.