In viaggio con TancrediC’era una volta…

  C’era una volta un bambino, seduto a terra al centro di una corona di cuscini, che leggeva “C’era una volta…”: Tancredi alla sua prima fiera del libro. Chi visita per la prima volta Roma, dopo a...

C’era una volta un bambino, seduto a terra al centro di una corona di cuscini, che leggeva “C’era una volta…”: Tancredi alla sua prima fiera del libro.
Chi visita per la prima volta Roma, dopo aver visto il Colosseo, dovrebbe andare all’EUR: un quartiere fuori dal tempo, e la sera quando picchia il vento e fa un freddo cane, anche fuori dal mondo (trovare un locale aperto è un miraggio). Gelido e squadrato, bianco e pulito, l’EUR è un quartiere che trasmette emozioni, nonostante la sua assoluta distanza da tutto ciò che lo circonda.
All’EUR, da poco più di 10 anni a questa parte, si celebra una fiera dedicata ai libri dei piccoli editori: due piani di stand che, visti dall’alto, sembrano un mercato di altri tempi, colorato e affollato.
La fiera è sempre a dicembre e aggancia sempre un weekend: la domenica mattina decido di andare con Tancredi. Sono certa che tra 10 anni non se lo ricorderà, ma ci spero.
Lui indossa un piccolo montgomery e una sciarpa rossa fatta dalla bisnonna: sembra un bambino d’altri tempi. E forse d’altri tempi è anche vedere un mucchio di bambini, tutt’altro che sparuto, circondato da libri, immerso nei libri, affascinato dai libri. Alle pareti oggetti fatti a mano, un teatrino per le marionette, bambole di pezza e fogli di carta scritti o dipinti.
All’improvviso da un porticina in fondo alla sala sbuca un omino vestito come fosse un quasi clown che, con un libro in mano, comincia a raccontare. Una storia. Che nelle testoline di tutti quei bimbi che lo stanno ad ascoltare forse nel frattempo sono diventate cento, mille, un milione di storie.
Tancredi non ascolta, è troppo piccolo per restare attento più di tre minuti, soprattutto quando intorno a lui c’è tutto questo colore, ci sono tutti questi libri che anche lui, con le su piccole mani, può afferrare dagli scaffali altezza bimbo e portare con sé, per poi fermarsi a sfogliarlo nel punto di quella grande stanza che preferisce.
Tancredi lo fa, tantissime volte: prende il libro, si siede, lo sfoglia e legge a modo suo, chiude, dice “Inito” e lo rimette a posto, in un punto diverso da quello in cui l’aveva preso, ma non importa, quello è il loro spazio e lì i bimbi possono esportare il loro disordine. Poi ne prende un altro, si risiede, lo sfoglia e lo legge, poi lo chiude e rimette a posto.
Il rito va avanti per circa un’ora, poi decido di andare. Lui accondiscende, ma appena comincio a mettergli il cappotto, la sciarpa e il berretto e mi avvio verso l’uscita, comincia a frenare come fosse un mulo…cerco di trascinarlo fuori e in cima alle scale di quell’affascinante scatola che è il Palazzo delle Esposizioni, bianca fuori e gialla dentro, Tancredi si blocca.
“Non vuole andare via, ha gli occhi svegli, chissà che non diventi un grande lettore…”: un uomo sconosciuto mi regala queste parole prima di raggiungere la moglie che, con passo spedito, sta andando via.
Se è vero non lo so, ma ci spero.