Si sa. Natale è tempo delle riflessioni “serie” e “corrette”, “solidali”, di quando si pensa “agli ultimi” mentre in realtà ciò che si pensa è come ingurgitare l’ultimo boccone di un cenone infinito, che, nonostante la “crisi” si fa sempre più succulento e pieno di vivande.
Anche quest’anno i media ci hanno bombardato di immagini di “povertà sociale”, di pranzi e cene più “leggere” e di italiani che hanno fatto meno regali e meno costosi del solito.
Ci crediamo poco. Nessuno, men che meno buona parte del clero e della politica italiana, ha fatto sacrifici in questo senso. Rate, debiti, tredicesime impegnate, di tutto e di più per rendere il Natale quello di sempre, “senza farsi mai mancare niente” e solo dopo avere ingerito migliaia di calorie pensare a chi ha fatto la fila per una zuppa alla Caritas, e aver fatto anche loro il pranzo o la cena di Natale.
E anche Capodanno arriva. Stavolta l’attenzione mediatica si sposta sui botti. Nessuno li compra, c’è crisi anche nel settore, quindi, il solito soggetto che arma il baracchino in qualche angolo di strada a Catania intascherà meno quattrini in questo 2012, annus terribilis della finanza.
Ci credo molto poco. A casa mia, da poco, hanno terminato di sparare gli ultimi petardi. “Non dobbiamo farci mancare nulla” neanche a Capodanno, quindi, cenone e botti in barba alla crisi. Il primo gennaio è ancora lontano.