Da Belfast a Belfast: due film presentati al Torino Film Festival 2012 sono ambientati nell’Ulster, nella capitale dell’Irlanda del Nord. Si tratta di “Good vibrations” di Lisa Barros D’Sa e Glenn Leyburn e di “Shadow Dancer” di James Marsh.
Non è questo il post in cui narreremo le vicende dell’IRA e delle proteste nazionaliste (tanti i film sull’argomento, ci sarà modo di approfondirne i diversi aspetti), ma l’occasione per dire due cose sì.
Il primo film è ambientato negli anni a cavallo del 1980, il secondo nel 1993 ma con radici profonde nel 1973: la città in cui si muovono i protagonisti “è stata maggiormente insanguinata dalla violenza britannica e unionista contro la popolazione nazionalista durante i Troubles, conflitto civile durato dal 1969 circa fino a fine anni ’90. (…) In totale oltre 1500 persone furono uccise per violenza politica e religiosa in città tra il 1969 ed il 2001” (fonte Wikipedia).
Se “Shadow Dancer” ha al suo centro una vicenda familiare interamente costruita intorno e dentro gli eventi, “Good Vibrations” narra la storia – vera – di un negozio di dischi e di una casa discografica di punk nate per volere di Terri Hooley, appassionato di musica convinto che la sua “azione” avrebbe potuto aiutare a distendere i toni della protesta (riuscendoci, pur tra mille difficoltà e solo in parte).
Il film mostra bene il clima che per troppi anni si è respirato a Belfast, con le tensioni e le violenze tra cattolici e protestanti che fino al giorno prima (o poco più) erano “mischiati” senza alcun problema.
“A New York hanno il taglio di capelli, a Londra i pantaloni – dice Hooley nel film parlando delle più note scene punk dell’epoca – ma qui a Belfast abbiamo il motivo!”: una frase, questa, che rende perfettamente l’importanza della “valvola di sfogo” che il punk è stato in quegli anni per molti giovani della città irlandese, che devono alla sana follia di Hooley la nascita di quella scena (da cui sono venuti fuori gruppi storici come gli Undertones e gli Outcasts).