Girovagando per il Web mi sono imbattuto in un’infografica molto carina degli amici di Bestedsites.com che illustra quanto è mutato il contesto di Internet nel giro di dieci anni, per la precisione dal 2002 al 2012 appena concluso. A parte i “soliti” numeri sull’espansione della banda larga e l’esplosione dei social network, mi sembra interessante, in particolare, perché mostra chi sono i cadaveri più eccellenti che non sono stati in grado di leggere i processi di innovazione in atto e l’hanno pagata cara.
Blockbuster innanzitutto, la catena di noleggio videocassette e dvd che ha snobbato la Rete come nuovo strumento di delivery (complice anche l’alto tasso di pirateria, va detto) e che in Italia ha chiuso i battenti lo scorso giugno. E poi gli altri casi celebri, che includono la catena di librerie Borders (che un ebook store lo aveva aperto nel 2010, evidentemente troppo tardi) e, per quanto riguarda la musica, i negozi della Tower Records.
Un capitolo tira in ballo anche Microsoft ed è quello dei browser, i programmi con cui accediamo ad Internet. Nel 2002 l’apice dell’età dell’oro (dopo la guerra contro il nemico della prima ora Netscape), quando Internet Explorer deteneva il 95% delle quote di mercato. Dieci anni dopo la situazione è decisamente meno rosea
Tante cose sono accadute in questi dieci anni. Un’indagine antitrust europea che, a cavallo tra Xp e Vista, si concluse con l’imposizione del cosiddetto “Ballot Screen” (la schermata che sottoponeva all’utente la possibilità di scaricare browser alternativi). L’esplosione del browser open source Firefox come alternativa a IE, diffusosi in maniera virale grazie alle sue caratteristiche di “leggerezza” che permettevano un caricamento delle pagine decisamente più veloce (almeno all’epoca, oggi credo siano tutti, magari con qualche scarto minimo, più o meno simili). Da ultimo, la discesa in campo di Google, la quale, espandendosi nel campo dei servizi web nella “nuvola” (email, mappe, documenti, etc), ha cominciato a concepire il browser non più come un semplice programma del sistema operativo, ma come un nuovo “strato”, un sistema operativo esso stesso, su cui appoggiare tutta l’esperienza Pc integrata ai servizi in Rete (e dunque, per necessità, sempre connesso).
Redmond ha sicuramente perso terreno ma c’è da dire che, seppur spesso in modo tardivo, non ha mancato di metter in campo delle decise inversioni di rotta per rimanere a galla. L’ultima, ad esempio, quando ha deciso di abbandonare Silverlight (la sua versione di flash, sviluppata non con pochi sforzi) per abbracciare completamente lo standard HTML 5. Decisioni che fanno storcere il naso, ma che perlomeno non dimostrano una totale cecità quando si tratta di riconoscere i cambiamenti in atto. Perché in tecnologia, si sa, chi si ferma è perduto.