Se volete vedere un’applicazione pratica della legge di Murphy sedetevi comodi e fate per iniziare a sfogliare il giornale, umettando il dito per la prima volta: un nanosecondo e vi sentirete chiamare: «Vieni subito qui, ho bisogno di aiuto!!!» (i motivi non mancheranno: a) «Ho le mani occupate e ho lasciato le salviettine in cucina»; b) «La sto cambiando e ho dimenticato di prendere le scorte di pannolini in soffittagarage»; c) «Ho sete»; d) «Me lo porti Vanity?», etc etc). E’ il motivo per cui molti padri, pur trovandosi a casa, per esorcizzare leggono il giornale in piedi: oltre a tenersi in forma preparando culi sempre più flaccidi alla temuta prova costume, sono sicuri che non saranno mai disturbati, per il solo fatto di trovarsi in una posizione scomoda e dunque non “peggiorabile” (pare che qualcuno abbia escogitato una modalità di lettura estrema, in verticale, posando il libro o il giornale a terra e tenendosi in equilibrio sulle mani: con questa mossa nessuna moglie lo disturberà e, tra le altre cose, in ottica prova costume i risultati saranno eccezionali!!!).
Ma c’è un corollario alla legge di Murphy che regola – ad esempio – il risveglio della piccolissima non appena la mamma esce di casa e mentre tu naturalmente stavi leggendo il giornale – sempre in piedi, però, per cautela. Pianto da astinenza latte: se c’è un momento in cui il Padre Alfa si sente inadeguato e invoca per sé la presenza di mammelle è questo. Più che all’omone con il seno in “Fight club”, lo sventurato ripensa alla battuta di Woody Allen – «Se fossi una donna passerei tutto il tempo a toccarmi le tette» – e ride, sempre per un nanosecondo, però, ché bisogna chiamare subito la “titolare” usando toni allarmati. Corollario al corollario: un papà che si rispetti non deve mai (sor)ridere, quando il momento è critico.
Riflettendo sulla figura del pater technologicus-multitasking, l’altro giorno sono approdato dritto al bisogno – più che altro un sogno – di stare per quattro ore fermo, senza agitarmi, come consigliano di fare con il Franciacorta Berlucchi in frigo («non in freezer»). Sul divano ero rapito dall’incanto di una condizione di fresca staticità mista al gassoso inebriante delle bollicine, quando la mia attenzione è stata attratta da uno dei tanti ritagli inevasi disseminati per casa: Jared Diamond sosteneva che noi occidentali dobbiamo assolutamente imparare dai «selvaggi» a educare i nostri figli (Repubblica del 20/12/2012, leggibile qui): «I bambini piccoli – scriveva lo scienziato – erano considerati responsabili delle loro azioni e potevano perciò fare qualsiasi cosa gli venisse in mente. Per esempio, se un bambino piccolo giocava accanto al fuoco, nessuno interveniva. Di conseguenza, molti adulti in quella società presentavano segni di ustioni sul corpo, a testimoniare il comportamento nell’infanzia».
Praticamente, una specie di “50 sfumature di ansia”, sottotitolo: manuale per curare genitori apprensivi. Zio Jared è condivisibile su tutto, tranne che nelle espressioni – imputabili in realtà alla traduttrice di Repubblica – «allevamento dei bambini» e «collocato in appositi dispositivi di trasporto». Diamond parla anche di «alloparenting», la cosiddetta “genitorialità diffusa” in virtù della quale qualsiasi adulto della comunità si sente responsabile e assume all’occorrenza il ruolo di genitore (praticamente il contrario di quanto accade ai genitori che conosco io, me compreso, focalizzati soltanto sui propri figli); infine invita gli occidentali a prendere esempio dalle tribù di «cacciatori-raccoglitori» della Nuova Guinea: «Fate crescere i vostri bambini come i primitivi!» (semplificazione da titolo, anche un po’ razzista peraltro), si vede che non è mai stato a una festa di compleanno di bimbi tre-quattrenni…
Pensando a tutto ciò – dalla Nuova Guinea all’autolesionismo della genitorialità diffusa a quando all’ultima festa il povero Ronald McDonald è stato brutalizzato con una patatina fritta induritasi (come noto, dopo mezzora diventa marmorea) dai maschietti della classe – sono stato teletrasportato dalla giungla alla realtà da una vox clamans in deserto in cerca di affiancamento durante il palingenetico momento del cambio-pannolini. Era mia moglie. Senza essermene accorto, rapito dalla prosa di Diamond avevo commesso l’imperdonabile errore di abbandonare la posizione verticale e continuare la lettura seduto sul divano. Immobile e placido come una bottiglia di Berlucchi.