Leggendo su DoppioZero una recensione di Giorgio Boatti all’ultimo libro di Alexander Stille, mi ero illuso di aver capito una cosa: nella vita volevo essere come suo papà Ugo–Mikhail Kamenetzky: «Stava in pigiama, leggendo giornali (che poi ammucchiava ostinatamente, sino a ridurre buona parte dell’abitazione a un deposito demenziale di carta ingiallita), telefonando, bevendo caffè, fumando continuamente, consultando libri. Poi, quando giungeva il pomeriggio, saliva in studio a scrivere e dettare a Milano l’articolo per il giornale. Quindi scendeva in cucina e assaltava il frigorifero, svuotandolo». Particolare non da poco: ci trovavamo a Manhattan.
Poi oggi, ricevendo questo pugno nello stomaco da Gianluca Nicoletti tramite La Stampa, oltre ad aver pensato di dimettermi da blogger-propalatore di cazzate, ho realizzato che ci troviamo davanti al Manifesto Definitivo della Padritudine di tutti i tempi. Grazie Nicoletti – che eri un genio lo avevo definitivamente capito ascoltandoti parlare a braccio ogni mattina su Radio24.
13 Febbraio 2013