Sabato pomeriggio a Edimburgo l’Italia ha perso 34-10 per mano della Scozia nella seconda giornata del 6 Nations. Lezione dalla Caledonia: continuare a rimboccarsi le maniche e umiltà. Non eslcusivamente da parte degli Azzurri, ma di chi gli ruota attorno. Intendiamoci: capitan Sergio Parisse a fine gara ha dichiarato: “Nei punti d’incontro siamo stati quasi ridicoli”. I punti d’incontro sono la contesa dell’ovale dopo il placcaggio, ripulire la zona a terra presidiata dagli avversari che vengono per rubarti palla e garantirsi la continuità del possesso. Ridicoli nei punti d’incontro con la Scozia vuol dire passare per ridicoli in misura maggiore, dal momento che alla vigilia del match lo staff tecnico scozzese aveva messo nero su bianco, sui giornali, di pretendere una difesa fisicamente ineccepibile. Per completare l’opera, i nostri avversarsi hanno annientato il gioco di Luciano Orquera (mettere pressione in ruck = mettere pressione alla linea mediana) e hanno colpito con gli uomini del triangolo allargato, dall’estremo Stuart Hogg all’ala Tim Visser, più l’assist dell’altra ala Sean Maitland per la meta del centro Matt Scott. Hanno svolto insomma il lavoro che gli era stato chiesto di fare alla perfezione.
C’è altro: il clima di funerale che si è respirato dopo la sconfitta. Ridicolo, perché chiunque vada in giro a dire di occuparsi di rugby dovrebbe sapere che prima di raccontare una partita, occorrerebbe che quella partita si disputasse e quindi prima di sottovalutare l’avversario, sarebbe il caso di ripassare per bene la lezione. Dicevano: si è battuta la Francia, si batte la Scozia, perché la Scozia è meno forte della Francia. Il rugby però non è scienza spaziale né intimidazione che funziona sulle ali dell’entusiasmo, specie se contro si ha gente che ha abilità e viene messa nelle condizioni di metterle in mostra. C’è da rimboccarsi le maniche ed evitare eccessive celebrazioni, soprattutto se anticipate.