Varsavia, la Sirena della Vistola. Sawa significa Sirena, e la leggenda vuole che dalle sponde del Mar Baltico un giorno partirono due sorelle sirene: una raggiunse Copenhagen e l’altra arrivò a Danzica, risalì la Vistola e s’innamorò di un pescatore, “wars”. La si può vedere, oggi, nella Piazza della Città Vecchia, dove sta al posto del Municipio cittadino, demolito nel 1817. Varsavia, la Fenice del Novecento: rinata dopo essere stata distrutta dopo la Seconda Guerra Mondiale, tenendo in considerazione le due rivolte scoppiate in città. La prima nel Ghetto, che iniziò il 19 aprile 1940, in cui morirono 13mila ebrei, e l’altra, del1944, antinazista, per liberare la città dall’esercito tedesco aspettando l’arrivo dell’Armata Rossa, in cui morirono circa 200mila polacchi: Hitler aveva ordinato di non fare prigionieri. Lo scopo era, arrivato a quel punto, solo quello di far trovare ai Russi nient’altro che un cumulo di macerie. Varsavia oggi, Warszawa, la capitale della Polonia, che conta più di un milione e mezzo di abitanti ed è diventata la città delle possibilità per ogni giovane europeo appassionato e intraprendente. Bollare Varsavia come citta’ low cost e’ sminuirla senza rendere minimamente merito a tutte le sue ricchezze e preziosita’, ed e’ chiaro che un giro a Varsavia, seppur per 24 ore o comunque breve, offre ben più che una passeggiata in centro e una serata al quartiere Praga.
Certo, come chiunque facilmente puo’ immaginare, anche senza essere mai veramente stato in Polonia, si tratta di una nazione in cui i costi sono ancora bassi per un italiano, ma non e’ questo un punto d’interesse ne’ il motivo per cui scegliere di visitare una citta’ impegnativa e brillante insieme come Varsavia, giovane, ricca d’idee e soprattutto di motivazioni, di ideali forti (senza considerare, poi, che il viaggio low cost implica la riscoperta a prezzi bassi di una meta solitamente cara. Varsavia e’ un territorio nuovo, che esce pieno di energie e di lividi da un recentissimo passato di sofferenza. Superfluo mettere al primo posto la convenienza economica in un viaggio che porta con se’ ben altri sapori). Sono proprio i lividi e i recenti echi di sofferenza che danno a Varsavia quel gusto in più, quella forza pulsante che scorre nelle vie, e che a fine serata ti porta a scegliere il Wsiekly Pies, “cane arrabbiato”, cicchetto a base di vodka, sciroppo di lampone, tabasco e due gocce di limone (da bere assolutamente alla goccia, soprattutto se in compagnia di altri amici polacchi), per continuare a respirare le forti sensazioni che per tutta la giornata ti hanno attraversato.
Grattaceli nuovissimi si stagliano attorno al Palazzo della Cultura e della Scienza e il parco circostante, costruzione voluta durante il periodo comunista. Utile come spazio per ospitare congressi, cinema multisala, teatri e uffici, i polacchi non lo amano affatto. Sostengono anzi che “la vista più bella della città si ha dal punto più alto proprio del Palazzo, da lì almeno non lo si vede”, supportati anche dal parere si Władysław Broniewski, intellettuale polacco, che ha definito il Palazzo della Cultura e della Scienza come “l’incubo di un pasticcere ubriaco”. Appena dietro a questo sfoggio del governo nel periodo comunista si trova il Ghetto: 3km quadrati di territorio che furono distrutti dai nazisti. Due statue anzitutto da segnalare: quella di Giovanni Paolo II che saluta simbolicamente il quartiere ebraico in segno di unione, e quella di HJanusz Korzack, il pedagogo che nacque a Varsavia nel 1878 e morì a Treblinka nel 1942: medico, poeta e libero pensatore, curava i bambini senza genitori e malati nel Ghetto nella “Casa dell’Orfano” da lui fondata, pur non essendo ebreo. Quando arrivarono i nazisti per deportare tutti i bambini, volle andare con loro per rassicurarli e far apparire tutto come normale. Morì in campo di concentramento.