Kahlunnia65 di questi anni… Tanti auguri Israele

Conosco un magnifico sessantacinquenne che proprio oggi compie gli anni. Molti lo giudicano senza conoscerlo. Altri ce l’hanno con lui a prescindere e lo vogliono vedere morto. Io, che di lui so qu...

Conosco un magnifico sessantacinquenne che proprio oggi compie gli anni. Molti lo giudicano senza conoscerlo. Altri ce l’hanno con lui a prescindere e lo vogliono vedere morto. Io, che di lui so qualcosa, vorrei dirvi perché gli voglio così bene.

Nonostante tutto quello che gli è accaduto, nonostante quelli più vicini a lui abbiano provato a cacciarlo con forza dalla casa che gli era stata promessa, lui resiste. E più provavano a farlo fuori, e più lui – insieme a fratelli, cugini, nipoti e figli, – anziché gridare vendetta, canta: “La nostra speranza non andrà persa”.

Che vita la sua! Non appena nato hanno provato a farlo fuori. Senza esitazione. Per fortuna non ci sono riusciti. Così come non riuscirono ad annientare, qualche anno prima, tutta la sua discendenza. La casa che gli era stata promessa in eredità, per quanto piccola come un monolocale in un mondo di tenute immense, era oggetto di una lotta che proseguiva da millenni. Quella casa, quando ne riprese possesso lui, era praticamente disabitata. Ma ai vicini non interessava: quel monolocale lo volevano loro. Per quanto immense fossero le loro tenute si erano incaponiti: quella terra poteva appartenere a tutti tranne che a colui cui era stata promessa.

Nel corso dei millenni qualcuno riuscì nell’esproprio violento di quella piccola abitazione. Ciò nonostante, gli antenati del nostro sessantacinquenne, continuarono a ripetere ogni anno (per oltre 2000 anni) la stessa frase: “l’anno prossimo a casa”. La storia remava contro di loro, ma questo non faceva altro che rafforzare la loro speranza. La cosa più curiosa è che quella Terra era oggetto di dispute solo quando abitata dagli antenati del nostro 65enne. Come se appropriarsi di quella terra permettesse di acquisire una speranza che nessuno possedeva. Una speranza che faceva paura a chi di paura alimentava i suoi Popoli.

Nel 1948 quella speranza diede vita al nostro sessantacinquenne nella casa per cui i suoi antenati pregavano ogni anno. E oggi, nonostante tutto l’odio subito e tutte le avversità affrontate, la speranza continua ad essere ciò che più muove il cuore di questo sessantacinquenne. Casa sua, per quanto piccola, è sempre aperta allo straniero e al diverso.

Per questo, oggi, voglio fare gli auguri più sinceri a chi ha saputo costruire su promesse e speranze qualcosa di magnifico. Tanti auguri, Israele.

su twitter @vitokappa

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