Il campanello d’allarme è suonato sul Financial Times di ieri. Titolo: Mittal chiede barriere commerciali. Ma chi è Mittal?
Lakshmi Mittal è il proprietario di un’industria leader nel settore dell’acciaio: l’ArcelorMittal. Le barriere richieste dal tycoon di origini indiane sono nei confronti della Cina. Motivo: concorrenza sleale. Il Je accuse, però, non riguarda solo la Cina.
“L’Europa”, sostiene l’indiano, “soffoca la domanda attraverso severe misure di austerità. Per questo servono misure protezionistiche in grado di fermare l’invasione dell’acciaio cinese sul mercato”. “Se l’Europa”, conclude, “continua solo con il programma di austerità senza investire sulla crescita e le infrastrutture, le cose non miglioreranno”.
Sorvolando la posizione sulle barriere protezioniste, le parole di Mittal sulla concorrenza sleale e l’austerity toccano Bruxelles nel vivo di una ferità aperta. Per capire di cosa stiamo parlando basti pensare che ogni anno si producono circa 1 miliardo di tonnellate di acciaio; senza la disponibilità dell’acciaio a basso costo non sarebbe stata possibile la rivoluzione industriale; la concorrenza in campo siderurgico è su scala mondiale. In estrema sintesi: il mercato rilevante è il mondo. Più si è grandi e specializzati e più si hanno possibilità di sopravvivere. Golia is better than Davide. Soprattutto se si considera che dal 2007 ad oggi la domanda di acciaio in Europa è crollata del 30%; che un colosso dell’acciaio come Tata Steel – e non è il solo – ha appena annunciato una svalutazione di 1.6 miliardi di dollari per la sua divisione europea.
Tutto questo tocca l’Italia molto da vicino. E dal Financial Times torniamo a Terni dove, in queste ore, c’è grande apprensione per il futuro della città e delle storiche acciaierie. A gennaio 2012 la finlandese Outukumpu ha acquistato la divisione acciaio di ThyssenKrupp. In questo pacchetto era inclusa l’AST (Acciai Speciali Terni). Poi, lo scorso ottobre, la doccia fredda della Commissione Antitrust: il gigante d’acciaio è troppo grande e per passare «l’esame» dell’Ue deve disfarsi di Terni. Per la serie: i cinesi possono essere giganti, gli europei no. Il problema, posto dalla Ue in termini tecnico-giuridici, era l’eventuale posizione dominante di Outukumpu.
Ad oggi Outukumpu ha trovato (forse) due potenziali acquirenti. L’incertezza di questi mesi, però, non ha fatto bene e non fa bene a nessuno. Lasciando da parte il tema delle complesse trattative che vedono impegnati l’AD Marco Pucci, Outukumpu e i potenziali acquirenti dell’AST di Terni, l’urlo di Mittal riporta alla luce un problema che l’Europa ha il dovere di affrontare subito: se la produzione e la concorrenza in campo siderurgico sono globali, perché l’Europa non ha ancora rivisto i termini interni di posizione dominante? E’ strategico “bloccare” la crescita dei principali player europei di fronte ad un mercato cinese – e mondiale – sempre più agguerrito? La strategia di crescere piccoli Davide da schierare contro i Golia di domani è vincente?
Io credo di no.