I gessetti di SylosSi continua a individuare i bersagli sbagliati

La crisi globale colpisce ancora, con la stessa virulenza, e come risposta è ripresa (Gallino , Rampini, ...) la fioritura della letteratura che ne attribuisce tutta la colpa alle banche, per la gi...

La crisi globale colpisce ancora, con la stessa virulenza, e come risposta è ripresa (Gallino , Rampini, …) la fioritura della letteratura che ne attribuisce tutta la colpa alle banche, per la gioia di politici e imprenditori che in questo modo vengono automaticamente assolti. Che coloro che hanno guidato e guidano le grandi banche e le finanziarie internazionali abbiano grosse responsabilità è fuor di dubbio, che il comportamento della maggior parte di loro abbia anche a che fare con il codice penale è altrettanto assodato, ma non è solo colpendo loro che si saldano i conti della crisi. Loro, si potrebbe dire, hanno svolto la stessa funzione che svolgono i “ricettatori” nel caso dei furti, ma chi ha compiuto il “furto” sono altri. Innanzi tutto la maggior parte dei politici che hanno governato in tutto il mondo negli anni ottanta e almeno metà degli anni novanta. Essi infatti hanno frettolosamente seguito la svolta reaganiana della deregulation selvaggia. Di questo ne hanno subito approfittato gli imprenditori, che sono gli altri colpevoli principali, i quali hanno regolato i conti in sospeso con i sindacati e con il lavoro in generale, e hanno accumulato profitti che non si vedevano dagli anni cinquanta. Sennonché alla soglia degli anni duemila la capacità produttiva del mondo era un multiplo numeroso di quella degli anni cinquanta ed allora quello spostamento rilevante di redditi dai salari e stipendi ai profitti ha determinato uno scompenso tra domanda e offerta, dove quest’ultima era di gran lunga superiore. Da qui nasce la crisi. Perché poi gli imprenditori, con quei profitti, non potendoli più investire nelle imprese per l’insufficienza della domanda dei loro prodotti, si sono rivolti alla finanza per ricavarne dei rendimenti adeguati. A questa eccedenza di profitti/risparmio riversatasi nella finanza e proveniente dalla sperequazione nella distribuzione dei redditi, si è aggiunta quella riveniente dai paesi strutturalmente in attivo nella bilancia commerciale, Cina e Germania in primis, i quali hanno inondato di liquidità il mondo intero e soprattutto gli Usa, che in questo modo finanziava i disavanzi della propria bilancia commerciale e realizzava una bilancia dei pagamenti in equilibrio. E’ in questo mare di risparmi non investiti (saving glut, insinuò una volta Bernanke) che hanno preso a nuotare i banchieri e i finanzieri d’assalto, i quali hanno venduto fumo e illusioni di rendimenti elevati, che non avevano alcun fondamento nell’economia reale. Loro sapevano che sarebbe finita come è finita, ma non gliene fregava assolutamente nulla. Coloro che continuano ad attribuire le colpe solo alle banche e ai banchieri omettono sempre di rispondere a queste semplici domande:

1)      secondo loro, che fine avrebbe fatto quell’eccesso di risparmio di cui abbiamo detto se non fosse stato riciclato dalle banche? Diranno: “andava investito nell’economia reale”. Ma proprio qui sta il punto. Con quell’insufficienza della domanda, che le imprese avevano già percepito, gli investimenti non risultavano convenienti, non avevano senso. La capacità produttiva esistente era già eccedentaria;

2)      perché nonostante la loro attività speculativa a danno della società e delle imprese, le banche stanno tutte messe male? La risposta mi permetto di darla io. In parte perché gli utili sono andati in tasca ai manager piuttosto che nel conto economico delle banche, ma soprattutto perché quel risparmio che gestivano era sproporzionato rispetto ai dati dell’economia reale ed allora ha operato la condizione di equilibrio keynesiano S = I (Risparmio = Investimenti), laddove se il primo supera il secondo il riequilibrio avviene tramite la sua riduzione che a sua volta passa attraverso la riduzione del reddito. E’ quello che puntualmente si è verificato. Le crisi delle banche e di tutti noi non è altro che la distruzione di quei risparmi eccedenti. Se quei soldi gli imprenditori li avessero dati agli operai e agli impiegati tutto il processo non si sarebbe attivato.

Ma a indicare il bersaglio sbagliato ci pensa anche la maggior parte della discussione sull’Europa. Da ultimo Romano Prodi ha chiesto di rivedere il limite del 3% nel rapporto deficit/Pil. Anche questo mi pare un modo sbagliato di porre la questione. Il semplice aumento dei deficit dei paesi che se la passano peggio, a mio avviso, non farebbe altro che aumentare gli attuali squilibri perché andrebbe ad alimentare ancora di più le esportazioni tedesche. La vera richiesta da fare, e da imporre alla Germania, è che essa aumenti la propria domanda interna e porti in equilibrio la propria bilancia commerciale, questa è la battaglia da ingaggiare in Europa e nel Fondo Monetario Internazionale (dove si deve coinvolgere anche la Cina). Come pure, l’insistere nella richiesta di una politica monetaria ulteriormente lasca è sprecare energie per niente, perché finché ci sarà questa crisi di domanda nessuna politica monetaria potrà fare granché.

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