“Il teatro è un’impresa – dice Fiorenzo Grassi, direttore responsabile del Teatro Elfo Puccini di Milano-. Devi gestirlo come tale. Troppe volte invece ha vissuto e ancora vive di una totale dipendenza dai soldi pubblici dei contribuenti”. Passano gli anni, cambiano i paradigmi, e l’arte riflette le evoluzioni sociali e politiche: iniziare a concepire il teatro come un’ “impresa sociale” (denominazione che l’Elfo si attribuisce, ovvero un’impresa che ha come fine non il lucro, ma lo sviluppo di beni o servizi di utilità per tutti), significa mettere al primo posto il proprio ruolo di “produttori di cultura” non solo a livello teorico, ma anche concreto e pratico. Continua Grassi: “Il modello di teatro pubblico deve cambiare perché è cambiato il concetto stesso di ‘pubblico’. Non possiamo più identificarlo pensando al Piccolo Teatro del 1947 o degli anni Settanta con Strehler e Paolo Grassi. Quello è un modello che non tiene più, semplicemente perché è cambiato tutto”.
Parole forti, che finalmente non guardano allo Stato come l’unico garante del successo di un’impresa culturale. Non poteva che nascere a Milano, città innovativa in Italia e capitale economica della nazione, un teatro portavoce di questo concetto, e non poteva che essere l’Università Statale di Milano l’istituzione che s’incarica di diffonderlo: è appena uscito il libro”Il Teatro dell’Elfo (1973-2013)”, edito da Mimesis Filosofie del Teatro e scritto dal prof Alberto Bentoglio, che insegna Discipline dello spettacolo presso il Dipartimento di Beni Culturali e Ambientali dell’Università degli Studi di Milano, con Alessia Rondelli, che collabora con il Teatro Elfo Puccini e svolge attività di supporto alla didattica per la Statale di Milano, e Silvia Tisano, dottoranda di ricerca presso l’Università degli Studi di Milano e collabora con Fondazione Mondadori per la realizzazione di mostre. “L’idea di scrivere questo libro è nata alla fine del 2011 –dice Bentoglio- dal fatto che mancava qualsiasi studio sul teatro Elfo e sulla sua compagnia. Esistono molti articoli critici, ma sparsi qua è la: era ora di proporre una riflessione complessiva”. La compagnia dell’Elfo nasce negli anni Settanta, in una Milano incendiata quanto a concetti politici e esplosioni d’idee: gli Elfi non hanno una sede, una sala prove, un magazzino per abiti e scenografie. Eppure portano avanti fin da subito un’idea di teatro aperto, che coinvolga un pubblico ampio e variegato. Si caratterizzano per essere un’impresa privata , coesa e capace di lavori di alto livello artistico. Nel 1979 finalmente la prima sede, un teatro concesso loro dal Comune in affitto in via Ciro Menotti. Da qui ha inizio la storia, documentata e raccontata nel libro, di successi e di numeri in rialzo. Attualmente “in un anno diamo lavoro a 145 persone; attori, amministratori, tecnici. Tra loro tanti giovani” dice Elio De Capitani, direttore artistico del teatro con Ferdinando Bruni. Nel 2009/2010 il grande traguardo: erano partite già nel 2000 le trattative con il Comune per avere in gestione il Teatro Puccini (un ex cinema). Il progetto prevede di trasformare la vecchia monosala in un multisala teatrale, e, nella stagione 2009/2010, l’Elfo Puccini inaugura la nuova stagione in uno spazio di tre sale, con 300, 500 e 100 posti, più zona bar e ampi spazi di disimpegno. “Sale che l’Elfo Puccini gestisce sempre in strettissimo contatto con la città di Milano e con la sua storia. L’Elfo ha sempre accompagnato e accompagna la vicenda storica della nostra Grande Milano” conclude Bentoglio. Sarà per questo che la prefazione del libro è di Giuliano Pisapia, Sindaco di Milano?