Rotta verso il mercatoAlitalia è sempre in mezzo al guado, perdendo milioni di euro ogni settimana

Nei primi giorni dello scorso ottobre il Presidente di Alitalia Roberto Colaninno si presentò a Palazzo Chigi insieme al nuovo Amministratore Delegato Gabriele Del Torchio per comunicare a Enrico L...

Nei primi giorni dello scorso ottobre il Presidente di Alitalia Roberto Colaninno si presentò a Palazzo Chigi insieme al nuovo Amministratore Delegato Gabriele Del Torchio per comunicare a Enrico Letta che gli aerei sarebbero stati messi a terra entro tre giorni. Almeno 500 milioni di euro erano necessari subito: i principali fornitori, da ENI agli aeroporti di Roma e Milano, si erano stancati di non veder onorate le proprie fatture e non avrebbero concesso ulteriore credito. Colaninno e Del Torchio erano le stesse persone che il 3 luglio avevano presentato un piano industriale dove si affermava che, con soli 50 milioni di euro di risorse fresche entro la fine del 2013 e poi altri 250 nei tre anni successivi, Alitalia sarebbe sopravvissuta quanto bastava per tornare a quel profitto che manca da decenni.

Erano frottole, già dopo un paio di settimane, esaurita l’ondata delle vendite dei biglietti delle vacanze, Alitalia smise di pagare i conti. A ottobre sull’orlo del fallimento, il nuovo giro di frottole, con Letta messo con le spalle al muro e costretto, per non vedersi imputato il decesso di Alitalia, ad acconsentire ad un salvataggio obtorto collo fatto in parte dalle Poste e in parte dalle banche. La scusa era che Air France, unica alternativa, voleva Alitalia gratis, senza riconoscerne il vero valore, soprattutto il mai chiarito “valore degli slot”. Bisognava tirare avanti, per spuntare un prezzo migliore.

Da allora però tutti i giorni, eccettuati quelli delle vacanze di Natale, Alitalia ha perso una cifra che ragionevolmente possiamo stimare fra un milione e un milione di mezzo di euro. Con l’illusorio obiettivo di ricavare un prezzo superiore, 300 milioni di euro di denaro anche pubblico sono stati iniettati come nuovo capitale nell’azienda, ma da 100 a 150 milioni sono stati già persi e si legge che il pretendente di turno Etihad potrebbe intervenire fra un paio di mesi, quando almeno altri 100 milioni saranno stati bruciati e di quei 300 milioni iniziali saranno rimaste solo le briciole. Le banche sottoposte a (im)moral suasion hanno posticipato la scadenza dei prestiti e concesso pure 165 milioni di nuovo credito, prendendo in pegno le quote del programma di fedeltà MilleMiglia. Una barzelletta: se Alitalia fallisse, dovrebbero dunque rivalersi sul programma di fedeltà di un’azienda defunta, che naturalmente varrebbe zero.

La grancassa della fantasiosa propaganda continua a promettere accordi a breve, ipotetici Russi e Cinesi facevano la fila per compare Alitalia, poi la firma doveva essere prima di Natale, ma sarà forse per Pasqua e nel frattempo, pur di trovare un partner, si fanno promesse indecenti. Prima si è provato ad estendere il valore del semi-monopolio di cui Alitalia gode a Milano Linate a spese dei concorrenti, ora si è fatto un accordo sindacale scandaloso, che non ha alcuna logica economica. Il mercato del trasporto aereo non è in crisi, Alitalia ridurrà i suoi voli perché altre linee aeree più efficienti proporranno, soprattutto da Roma Fiumicino, voli in alternativa ai suoi. Logica vorrebbe che piloti e assitenti di volo passassero dal lavorare per Alitalia al lavorare per i nuovi venuti, ma il demente sistema italiano lascerà che lavorino meno, anche un quarto meno, ma percepiscano come Cassa Integrazione soldi prelevati da una sovrattassa sui biglietti aerei, mentre altre persone lavoreranno sugli aerei dei nuovi entranti.

Non solo chi abbia assistito ad una manciata di lezioni di economia, ma qualsiasi casalinga di Voghera, può solo provare ribrezzo alla scelta di foraggiare la rendita e l’inefficienza che è stata fatta dal governo Letta, attento a badare non gli interessi dei lavoratori o del Paese, che ha bisogno di un sistema efficiente di trasporto aereo, ma delle potenti famiglie che condizionano l’aviazione italiana, pur gestendola con risultati disastrosi.

Nessuno sa quali contropartite lo stesso Letta abbia offerto all’Emiro di Abu Dhabi perché sostenga Alitalia aggirando le regole europee. Etihad è un vettore statale, efficientissimo e con management di grande livello, ma pur sempre statale, Stiamo arrampicandoci sugli specchi per avere un’Alitalia statale, ma di un altro Stato. Nessuna discussione in merito viene fatta in Parlamento, nulla corrisponde a quanto è previsto nel Piano Nazionale Aeroporti che dovrebbe contemporaneamente vedere la luce e tutto si deve piegare, senza che se ne spieghi il perché, al finto salvataggio di un’Alitalia che nel migliore dei casi sarà poco più della metà di quello che era nel 2007, tenendo conto dell’assorbita AirOne.

Invece di organizzare siparietti televisivi in streaming, è ora che la politica riprenda le sue responsabilità, congedando quel Fabrizio Pagani che prova a vendere un’azienda privata, Alitalia, all’Emiro di Abu Dhabi e per convincerlo aumenta continuamente le concessioni che la Repubblica Italiana dovrebbe fare, condizionando le scelte di Ministeri, Enti e aeroporti, tutti piegati agli interessi dei soliti noti privati. Nonostante questi poco lodevoli sforzi Alitalia per ora non si vende, perché il debito che ha accumulato è enorme e il problema debito non è guarito certo facendo altro debito.

Alitalia vive in un ambiente privilegiato, con attenzioni che la favoriscono smisuratamente rispetto ai più efficienti concorrenti. Ecco un esempio: il Presidente Vito Riggio, stando a quanto pubblica il Corriere, ha detto che ENAC ha ricevuto la richiesta da parte di Alitalia di poter usare alcuni slot di Milano Linate, ora dedicati alla rotta per Roma Fiumicino, verso altre destinazioni, sempre interne all’Unione Europea. Alitalia in realtà non ha bisogno di alcun permesso per farlo, è libera di usare tutti gli slot che vuole verso tutte le destinazioni ammesse da Linate, dunque che cosa ha veramente chiesto all’Ente Nazionale Aviazione Civile?

Un anno fa, quando si trattava di smantellare il monopolio sulla Linate-Fiumicino concesso per tre anni, nel 2008, dal governo Berlusconi, vale a dire da Gianni Letta, easyJet si vide assegnati solo cinque slot singoli a Linate, insufficienti ad offrire anche solo tre voli andata e ritorno, quando era chiaro che con meno di otto andate e ritorno i passeggeri d’affari avrebbero sempre scelto Alitalia e la liberalizzazione sarebbe stata di facciata e, per easyJet, in perdita, insomma il classico “cambiare tutto, perché nulla cambi”. Alitalia allora lottò con le unghie e coi denti, affermando di non poter cedere nemmeno un’altra coppia di slot per non pregiudicare il servizio. Ora, dopo averlo già abbondantemente ridotto, chiede non si sa quale permesso per ridurlo ulteriormente. Ha preso in giro l’Antitrust e nessuno gliene chiede conto, perché gli Enti regolatori dello Stato non fanno nulla per essere imparziali e non badano agli interessi dei passeggeri né a che ci sia una leale concorrenza, quella che gli Anglosassoni chiamano “Fair Trade”.

Se Alitalia dice di avere troppi slot sulla Linate-Fiumicino, è anche palese che easyJet ne ha avuti troppo pochi per offrire un servizio interessante e farle vera concorrenza. Un regolatore equo e non asservito ad Alitalia dovrebbe immediatamente riaprire la questione e trasferire a easyJet gli slot che le servono e che ad Alitalia non servono più. Finalmente i passeggeri avrebbero la scelta che non hanno e che lo Stato finge di aver loro dato. Naturalmente non succederà, perché l’ipotetico salvataggio di Alitalia va fatto a qualunque costo, soprattutto se il costo è a carico delle Poste, delle banche e dei consumatori. Per trovare acquirenti lo Stato italiano lascia che si prometta la concessione di monopoli, semi-monopoli, favoritismi vari, dimenticando che solo un quinto dei passeggeri vola con Alitalia, azienda che è “strategica” solo per i suoi proprietari, i suoi creditori, l’aeroporto di Fiumicino che rischia di perdere il suo cliente maggiore e tutti quelli che da Alitalia ricevono una busta paga, che sia uno stipendio o Cassa Integrazione… e votano.

Oggi il Sole scrive che Alitalia, che mette aerei a terra e fa pagare a noi la Cassa Integrazione per migliaia dei suoi piloti e assistenti di volo, intende prendere in affitto da altre compagnie aerei dello stesso tipo, completi di equipaggio! Se fosse vero si tratterebbe di una decisione immorale e intollerabile, che andrebbe duramente repressa dal Governo.

E’ poi ora di sapere, oltre al mero salvataggio di quel che resta della compagnia di bandiera, che cosa farebbe Etihad dell’aviazione italiana, di sapere chi manterrebbe la maggioranza di Alitalia, che per norme europee deve restare in mani europee, se il ritiro di Air France è stato un gioco di prestigio. Con Pagani è stato privatizzato lo Stato, ora che finalmente i Letta sono stati messi da parte è bene che Renzi intervenga per raddrizzare l’osceno andazzo, prima che sia troppo tardi.

Alitalia non può essere salvata a qualsiasi costo e non deve essere tabù l’opzione di lasciarla chiudere ordinatamente e ripartire il giorno dopo sotto una forma diversa e con soci diversi dall’inetto Colaninno, che solo in un Paese come il nostro può avere la faccia tosta di restare alla Presidenza. Se le banche perderanno i loro soldi, pazienza, è più importante che l’aviazione italiana sia affidata d’ora in poi non a malaccorti speculatori con troppi amici in politica, ma a persone competenti (come lo sono certamente in Etihad), che concordino con l’Italia obiettivi accettabili e condivisibili di sviluppo e non solo a Roma e operino in un contesto competitivo, non artificiosamente protetto.