Già un anno fa il premier Matteo Renzi scalpitava come non mai per emergere dalla palude del suo partito e a un certo punto sembrava proprio che ci rimanesse impantanato per un bel pò. A distanza di un anno è diventato premier addirittura senza passare dalle elezioni. E tra le varie caselline che intende riempire, esercizio che pare gli riesca molto bene, ha provato quella dello sforamento del 3% del rapporto deficit pil, con il risultato che la proposta ha avuto una risposta “Europea” (tedesca ndr) prontamente rispedita al mittente con un bel NO secco. Considerato il carattere “decisionista” un pò pestifero (vendicativo?) dell’uomo Renzi, c’è da credere che la rispostaccia se la sia legata al dito, rinviando a certa data una presa di posizione più netta sul tema “sforamento” dei conti.
Un pò come è accaduto l’altro giorno, durante il suo primo intervento da primo ministro, quando si è rivolto ad alcuni senatori ai quali ha dato subito prova del suo caratterino. Dopo essere stato un pò schernito gli ha garantito questo: «vedrete….statene certi che in Senato nei prossimi giorni ci divertiremo!!» della serie preparatevi a cambiare seggiola. E quale migliore occasione sarà il prossimo semestre di presidenza del consiglio europeo per prendere posizione sul tetto del 3%? Intanto è di questi giorni l’adesione del PD al Partito Socialista Europeo. Del resto la prima visita all’estero del presidente del consiglio, accompagnato dal nuovo ministro degli esteri, non avverrà, come in precedenza per Monti e Letta, a Bruxelles o a Berlino ma a Tunisi: è già stata messa in agenda per il prossimo martedi 4 Marzo e rimarcata come «necessaria».
Da sempre un paese che si dichiara amico dell’Italia e degli italiani, la Tunisia, grazie alla sua posizione geografica, una più accessibile fiscalità, e con un rapporto con gli Stati Uniti riservato a un sorvegliato speciale, registra la presenza di numerose nostre aziende che hanno posizionato il loro business, o parte di esso, e può certamente rappresentare una opportunità per Renzi di poter fare bella figura al suo esordio sulla scena internazionale.E qui il pensiero, per un attimo, corre a quello che è successo tre anni fa con lo scoppio della primavera araba e a tutto ciò che poi è accaduto proprio partendo dalla Tunisia interrompendo bruscamente quei rapporti che il nostro amato Paese aveva intessuto per decenni con i paesi che si affacciano a sud del Mediterraneo.
Senza entrare nel merito di quell’accordo siglato per i debiti di guerra tra l’Italia, allora governata da Berlusconi, e la Libia, in pugno al leader maximo Gheddafi (che ha pagato molto caro l’ aver riconosciuto l’Italia un Paese amico a dispetto dei francesi dell’allora presidente Sarkozy). O ancora dei rapporti stretti con l’egiziano Mubarak e di vecchia data con il tunisino Ben Alì, si erano in effetti poste le basi per una vera e propria “joint-venture” in chiave mediterranea.Da ricordare i due seminari tenutisi presso la Borsa Valori di Milano (tra il 2008 e il 2010) dedicati ai paesi del Mediterraneo e all’azione che il governo Berlusconi ha profuso per incrementare gli scambi commerciali e lo sviluppo della nostra e della loro economia quando persino la Mediobanca di Alberto Nagel era in procinto di aprire una banca proprio a Tunisi grazie all’interessamento del finanziere Tarak Ben Ammar.
Purtroppo questo non è accaduto. E c’è da pensare che “qualcuno” ci abbia messo lo zampino (forse l’iperattivismo di Sarkozy ? …e per conto di chi?) accendendo proprio in Tunisia il fuoco della rivolta estesosi nei tempi e nei modi che abbiamo visto in Libia e a seguire in Egitto. Ora Matteo Renzi ha una ottima opportunità di riprendere quel filo di relazioni così bruscamente interrotto per consentire all’Italia di riaprire quei canali necessari per contribuire al rilancio della nostra economia. L‘Africa infatti può rappresentare il vero mercato di sbocco per le nostre aziende e la Tunisia ne è una chiave di accesso importante ora che le acque embrano essere un pò più chete. Tutto questo potrebbe provocare non pochi riflessi nei rapporti con i paesi “di peso” europei e in particolare con la Germania, sempre attenta con la Merkel a far quadrare i nostri conti più che a guardare a casa suaè possibile pertanto che la visita di Renzi in Tunisia sia il preludio di un cambiamento geopolitico gradito agli Stati Uniti a favore dei paesi dell’area più latino-europea con l’Italia a fare da capocordata e Spagna, Portogallo e Grecia a mettersi sulla scia verso il Nord Africa?
Molto dipenderà in questa fase dall’operato di Renzi e dagli “appoggi internazionali” dei quali gode o godrà nei prossimi mesi il nostro capo del governo e dalle sue capacità di convincimento nei confronti soprattutto della Merkel nel voler mettere in discussione di fatto le regole del gioco, tradotto: il trattato di Maastricht. E riprendendo il paragone fatto di recente da alcuni anche autorevoli osservatori, tra la figura di Matteo Renzi e quella di Bettino Craxi per il loro decisionismo, fu proprio Craxi in una intervista lungimirante rilasciata in terra tunisina nel lontano 1998 ad affrontare il tema quando dichiarava: «L’Europa si presenta come un Paradiso Terrestre, arriveremo in Europa come nel Paradiso Terrestre, mentre nella migliore delle ipotesi per l’Italia sarà un limbo. Nella peggiore delle ipotesi sarà un Inferno, per un paese come l’Italia, tra i fondatori dell’Unione Europea, sarebbe stato necessario richiedere anzi pretendere la revisione dei parametri di Maastricht». E non subirlo, aggiungerei: Renzi ce la farà?