Così è…se traspare. Storie di finanza e (mancanza di) trasparenzaLa fiaba della mobilità nella PA e la maga Madia

C’era una volta un paese lontano in cui le fiabe erano pubbliche, come l’anagrafe e l’esercito. Molto tempo prima i padri fondatori avevano stabilito il diritto costituzionale di ogni bambino alla ...

C’era una volta un paese lontano in cui le fiabe erano pubbliche, come l’anagrafe e l’esercito. Molto tempo prima i padri fondatori avevano stabilito il diritto costituzionale di ogni bambino alla fiaba, senza distinzioni di ceto sociale e genere: tutti I bambini buoni e tutti i bambini cattivi.

Cenerentola da anni lavorava in una fiaba cui aveva acceduto per regolare concorso. Ma la fiaba in cui lavorava non le piaceva. Stava in una casa con una matrigna e tre sorellastre che la vessavano continuamente. Era una fiaba inefficiente. Le sorellastre erano in quota ai gruppi politici. Una aveva avuto il posto grazie al PD, diceva che la spesa per le fiabe avrebbe dovuto essere riqualificata, e passava a Cenerentola il suo straccio intimando: “pulisci per bene per terra, poi fai il bagno e tutti I vetri”. La seconda sorellastra era in quota Forza Italia. Diceva che la spesa per fiabe avrebbe dovuto solo essere tagliata, e requisiva quotidianamente lo straccio, intimando a Cenerentola di fare le pulizie a mani nude. La terza sorellastra si dilettava di computer, e aveva vinto il posto candidandosi alle “fiabarie” del Movimento 5 Stelle. In nome di tutti i bambini buoni e di Cenerentola la sorellastra 5 stelle si scagliava contro le altre, costringendo Cenerentola a dividerle e a fare le ore piccole tutte le volte che la sorellastra giocava a “occupy fiaba”.

La storia in questa fiaba non procedeva. Il principe aveva dato un ballo per scegliere la propria consorte, e tutte le giovani donne del paese si erano preparate con le loro acconciature migliori, ma sul più bello il ballo venne vietato dalla Corte dei Conti, ipotizzando un’accusa di danno erariale ai danni del principe. Il principe decise allora di organizzare una serata da McDonald, ma il progetto fu bloccato dal TAR di quel paese che riconobbe una violazione della concorrenza: perché non era stata indetta un’asta pubblica per il catering regale? Allora il principe decise di affidare la sua discendenza all’onanismo e alla fecondazione eterologa. Ma in quel paese lontano la fecondazione eterologa sarebbe divenuta lecita solo più tardi. Per questo il principe aveva deciso di abdicare e andarsene. Poiché il blocco del turn-over della PA si applicava anche ai principi delle fiabe, non era stato ancora bandito il concorso per rimpiazzarlo.

Anche un’altra figura della fiaba era vacante. Il cocchiere che avrebbe dovuto portare Cenerentola a un ballo che non ci sarebbe mai stato era esodato. Ovviamente, finché non si fosse sbloccato il concorso per rimpiazzare il principe, sarebbe stato inutile bandire un posto di cocchiere. Tanto più che la carrozza era inservibile, si era trasfomata in zucca, e la zucca era andata a male. Cenerentola un giorno capì che questa fiaba non andava da nessuna parte, e si mise a cercare tra i bandi di mobilità tra fiabe. Per anni non ci fu nulla, ma un giorno vide pubblicato un concorso di mobilità interna per un posto di Biancaneve.

Al contrario di Cenerentola, la fiaba di Biancaneve aveva sempre funzionato in modo abbastanza efficiente. I sette nani lavoravano come dannati, e Biancaneve li accudiva. Ma dietro la facciata di fiaba di successo, anche qui c’era qualcosa che non andava. Il carico di lavoro di Biancaneve era eccessivo. Del resto le statistiche europee parlavano chiaro: in media, nei paesi europei c’era una Biancaneve per tre nani. Sette erano veramente troppi. Biancaneve amava il suo lavoro e per un lungo periodo cercò di svolgere il suo ruolo. Ma alla fine non ce la fece più e di nascosto per aiutarsi cominciò a sniffare. E’ proprio per questo che ancora oggi nel gergo della mala la coca si chiama “neve”. Un brutto giorno la strega pusher, che riforniva Biancaneve , le disse: “perché invece di farti le pere per una volta non ti fai una mela?”. Biancaneve accettò, si fece una mela, e d’incanto crollò in un sonno profondo, uno stato di morte apparente.

La fiaba di Biancaneve aveva quindi preso il suo corso, e Biancaneve giaceva nel suo stato di morte apparente in attesa di un principe azzurro che la svegliasse con un bacio e se la portasse via per sempre. Questo vedevano i bambini, anche se dietro l’apparenza la realtà era diversa. La Biancaneve dipendente pubblica in realtà non era in stato di morte apparente, era già sveglia da anni e dietro gli occhi chiusi pensava: “col cavolo che mi risveglio e torno dai sette nani: io resto in malattia fin quando non arriva il principe. E non me ne frega nemmeno nulla del bacio; io voglio vedere un foglio in cui c’è scritto che Biancaneve viene messa fuori ruolo e comandata come moglie del principe”. Purtroppo non andò così. Il principe aveva un compagno e in una fiaba in cui non erano riconosciuti i diritti civili degli omosessuali, l’ultima cosa che avrebbe fatto era mettere, per ragion di stato, una donna tra lui e il suo amore. E poi la sola idea di baciare quelle labbra turgide e prive di ogni peluria gli faceva sinceramente schifo.

Per questo, la Biancaneve scaltra e sveglia della nostra fiaba non venne svegliata mai da nessun principe. Morì di decubiti e piaghe. Di qui il bando di mobilità tra fiabe cui aveva fatto domanda Cenerentola. Cenerentola pensò che i suoi giorni di disperazione stavano per finire. Avrebbe lavorato con i sette nani. Meglio sette nani che tre sorellastre. E poi chissà, il principe avrebbe potuto abdicare, e poi a lei sarebbe andato bene anche un nobile qualsiasi. Cosa sarebbe successo alla sua fiaba? Cenerentola pensò che probabilmente sarebbe stata chiusa o privatizzata, o ne sarebbe stata cambiata la destinazione: magari la casa della matrigna sarebbe stata riciclata in quella di una “maitresse” e la fiaba sarebbe stata riadattata in una fiaba per adulti. Ma Cenerentola non aveva fatto i conti con la maga Madia.

La maga Madia era famosa perché quando venne ammessa al consesso dei maghi disse di essere del tutto estranea alla magia, e di non saperne nulla. Si narra infatti che semplicemente salutando amici per la strada con una formula amichevole li abbia trasformati in rospi. La maga Madia stavolta fece un incantesimo per cui per aderire al bando di mobilità: i) a regime si sarebbe dovuto chiedere il permesso alla fiaba di provenienza (alla matrigna e alle sorellastre); ii) in via temporanea, si sarebbe dovuto verificare che i posti vacanti nella fiaba di destinazione fossero più di quelli nella fiaba di provenienza.

Cenerentola era fregata. Non potè fuggire dalla fiaba che le faceva schifo. Il sindacato lavoratori delle fiabe non le fu di aiuto: per loro ogni fiaba valeva l’altra, e difendevano nello stesso modo Cenerentola e le sorellastre. Cenerentola scelse di dimettersi e emigrare in una fiaba privata tedesca, dove c’era un posto da strega: doveva solo ingrassare e cucinare bambini cattivi. E anche gli utenti, i bambini di quel paese lontano, rimasero fregati: avevano una fiaba di Cenerentola senza Cenerentola e una fiaba di Biancaneve senza Biancaneve. Avevano due fiabe che facevano schjfo.

Morale della favola. Lasciate competere le fiabe. Lasciate gli utenti liberi di scegliere la fiaba con il più lieto fine,. Lasciate che anche i lavoratori delle fiabe scelgano le fiabe più belle, anche a costo di chiudere fiabe brutte.

Sigla. “A mille ce n’è. Ma di mille una giusta non ne fan…”

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