di Francesco Carini
Una frase di Vallejo dice sostanzialmente […]: “più si sa, più si è liberi“. Matteo Renzi
Ascoltando il premier, uno bravo studente può credere di aver trovato la personalità carismatica in grado di riportare la meritocrazia in Italia e un diritto allo studio che negli ultimi anni ha subito picconate. Come trasmesso dall’agenzia Vista, il 26 ottobre scorso l’ex sindaco di Firenze ha citato all’Istituto di Cultura Italiana di Lima il peruviano Cesar Vallejo, considerato il più grande poeta del Novecento, legato fortemente alla sinistra e sensibile ai temi della povertà e del mancato accesso universale all’istruzione. Certe citazioni farebbero pensare ad un politico che lotta con tutto il suo cuore affinché l’Art. 34 della Costituzione si materializzi:
«I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso».
Invece, il Presidente del Consiglio, in visita nelle scorse settimane a Cuba e in altri stati del Sud America, non si è ancora mosso davanti ad una situazione alla luce di cui vi è stata una caduta di circa il 25% di idonei ai benefici del Diritto allo Studio Universitario, di fronte a cui per tutta risposta non è stato stanziato neanche un euro nell’ultima Legge di Stabilità. Attraverso l’applicazione del nuovo ISEE, seppur considerato un’ottima arma per l’emersione di redditi e capitali non dichiarati, in modo a dir poco altrettanto “disumano” si calcola una ricchezza dove vengono contemplate come reddito anche le pensioni d’invalidità, che spesso a malapena coprono le spese mediche.
Peraltro, proprio riguardo a questo aspetto, lo scorso febbraio il TAR del Lazio ha dichiarato in parte illegittimo l’art. 4 del DPCM 159/2013, non comprendendo come nella nozione di reddito potessero essere compresi emolumenti riconosciuti a titolo meramente compensativo e/o risarcitorio a favore di gente affetta da disabilità.
Inoltre, nel question time del 30 settembre, che ha visto il politico toscano contrapposto all’onorevole Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia), oltre a sottolineare che la riforma dell’ISEE non è stata effettuata dal suo governo, proprio Renzi ha sostenuto che le soglie di accesso ai benefici dipendono dai singoli enti (comuni, università ecc…), che utilizzano la stessa certificazione come parametro per la concessione di posti alloggio o di altri aiuti economici. Il problema è che, nel caso del Diritto allo Studio, ciò non risulta del tutto vero, dal momento che esiste un massimale stabilito dal MIUR in base all’art. 11 del DPCM 390/2001, dove vi è scritto: “A partire dall’anno accademico 2002/03, i limiti massimi dell’Indicatore della situazione economica equivalente e dell’Indicatore della situazione patrimoniale equivalente sono aggiornati annualmente con decreto del Ministro emanato entro il 28 febbraio”. Pertanto, lo stesso ministero dovrebbe agire per ovviare al disastro prodotto dalla riforma del nuovo Indicatore; senza contare che dal 2009 al 2015 le risorse destinate al DSU sono diminuite di 134 milioni, passando da 246 a 112.
Davanti a questi numeri, probabilmente Vallejo e Neruda sarebbero più che mortificati. L’elevazione di un popolo si basa sul livello d’istruzione che uno stato riesce ad offrire, cosa che determinerà una presa di coscienza che lo porterà a non essere sottomesso, mantendo la propria vivacità. Nel caso in cui la cultura resti nelle mani di un’élite, non si potrebbe parlare di democrazia, bensì di oligarchia. Comunque, sperando che la vicenda muti in meglio, davanti ad una situazione che rischia di acuire sempre di più il baratro fra le classi sociali, determinando una maggiore disuguaglianza fra chi avrà i mezzi per studiare e chi no, (in ogni contesto) citare lo scrittore di Santiago de Chuco dovrebbe apparire quantomeno imbarazzante per il governo, se non seguito da fatti concreti volti a garantire sostegno, anche sul DSU, alle fasce più deboli della popolazione, le quali, credendo ancora nei fondamenti di una fra le migliori costituzioni di ogni tempo, aspirano certamente ad elevare sé stesse e l’intera nazione sotto il profilo culturale e sociale.
Mio padre diceva che è brutto essere poveri, perché non si può studiare, e senza studiare non si può fare strada. Enrico Mattei