AttentialcaneCorsi estivi: acquaticità e l’antica arte del muro a secco

E' dei campi estivi che vorrei parlarvi. Da padre lavoratore sposato con una madre lavoratrice. C'è un periodo – due o tre settimane a cavallo tra la fine di giugno e l’inizio di luglio – in cui i ...

E’ dei campi estivi che vorrei parlarvi. Da padre lavoratore sposato con una madre lavoratrice. C’è un periodo – due o tre settimane a cavallo tra la fine di giugno e l’inizio di luglio – in cui i genitori vanno nel panico più totale. Faticano a prender sonno, al lavoro sono deconcentrati, anche la vita di coppia ne risente.

Ammettiamolo. Chiuse le scuole (le materne su tutte) e con le ferie ancora lontane, nessuno di noi sa dove piazzarli, i figli. Non dico per tutto il giorno, ma per almeno qualche ora. E l’ansia di non riuscire a organizzare una vita familiare che riesca a coniugarsi con i doveri professionali – giocoforza – cresce.

Naturalmente le associazioni di ogni ordine e grado – religiose, laiche e della criminalità organizzata – lo sanno benissimo. E corrono in aiuto di noi genitori lavoratori mettendo in piedi corsi, workshop e attività dai prezzi francamente inaccettabili.

Perchè è un mercato – quello dei campi estivi – chiaramente drogato. Una bolla speculativa di dimensioni inusitate sulla quale lo Stato dovrebbe intervenire con un’Authority, un Garante, un Ombudsman.

Ad ogni buon conto, per quanto l’esborso sia irragionevole, quantunque la cifra in alcuni casi rasenti il furto, sebbene eccetera eccetera, siamo tutti irrimediabilmente sotto scacco. Ricattati, diciamo. Anche mia moglie ed io. Chè non possiamo mica portarli con noi in ufficio.

Dunque, nostro malgrado, mettiamo mano al portafoglio. Il piccoletto treenne partecipa a un fantomatico laboratorio di “acquaticità”. Che poi consiste in una piscina gonfiabile piazzata nel cortile dell’asilo e una decina di ombrelloni e seggioline tutt’intorno a mo’ di guarnizione balneare. Le suore danno la merenda ai bambini, bagnano loro ogni tanto le testoline e li tengono un po’ freschi. Pare – dico, pare – che si immerga pure Suor Graziella, la superiora sovrappeso, ma non ho mai appurato di persona, per ragioni di opportunità.

Il più grande invece sono un paio d’anni che lo spediamo al CUS Genova, il centro sportivo universitario. Parte la mattina in pantaloncini corti, scarpe da ginnastica e cappellino e torna nel pomeriggio. Confuso e felice. La confusione è dovuta al fatto che in una settimana si cimenta in una decina di discipline sportive, dal tiro con l’arco allo squash, dal tennis tavolo al curling e giù giù per li rami fino a quelle più classiche come il calcio, il basket e il volley. Si stanca da far schifo, ma noi siamo tranquillissimi: soldi spesi per una finalità costruttiva.

Comunque devo dire che in città c’è l’imbarazzo della scelta, con una varietà di proposte che onestamente disorienta. E bisogna tenere la testa sempre vigile sennò si rischia – per sfinimento – di iscrivere i maschietti a un corso di uncinetto, con conseguenze devastanti dal punto di vista educativo. Sì, lo so che nell’isola di Taquile sono gli uomini a fare la maglia, ma qua non siamo sul lago Titicaca dove – peraltro – non esistono campi estivi ma soltanto campi da coltivare.

Ma non distraiamoci con la politica internazionale. Ci sono alcune associazioni – si diceva – che insegnano un sacco di cose utili: fare la pizza e il pane utilizzando la pastamadre, potare gli ulivi in pieno centro storico, tirar su un muro a secco o posizionare i sanpietrini. Le più cazzute insegnano a guidare una vera auto di Formula Uno, ma il casco integrale bisogna portarlo da casa.

Alcuni bambini partono per il campo scout. E io i genitori – lo confesso – un po’ li invidio. Stanno via una settimana e non devi far altro che mantenere contatti telefonici. Il che – se ci pensate – è un bel vantaggio. Anche i musei cittadini si organizzano: molti piccoli imparano – dal 20 al 27 giugno o nelle settimane successive – a dipingere la stoffa, comporre mosaici (gli stage sono a Ravenna), scolpire il Pensatore di Auguste Rodin, cantare la Traviata ed altre cose così.

Il giardinaggio e la zootecnia da un paio d’anni vanno molto forte in Occidente. C’è questo prepotente ritorno alla terra e ai vecchi mestieri di una volta che considero in sè molto positivo. Solo che poi i bambini, a casa, vogliono continuare l’attività e cosa gli dici, guarda Tommasino che le capre in cantina non possiamo tenerle chè l’amministratore di condominio si incazza?

Genesio Sipace, il mio carrozziere di riferimento, mi ha confessato che ci stava pensando anche lui ad aprire un laboratorio di stucco delle fiancate di camion e ricambio fanalini, ma c’era un problema di copertura assicurativa e ha lasciato perdere. Però la richiesta del mercato era pressante.

Insomma, in quelle tre o quattro settimane che precedono le ferie estive ci sono un fervore e un’offerta formativa debordanti e – bisogna ammetterlo – a volte sovradimensionate. Anche perchè i bambini avrebbero soltanto bisogno di svegliarsi tardi, fare un’abbondante colazione e traccheggiare per tutto l’arco della giornata.

Il mio grande – per esempio – lo scorso anno mi ha detto che vorrebbe tornare a scuola. Almeno lì la ricreazione c’è.

(tratto da Facciamo che andiamo, Liberodiscrivere editore)