Homo sumDiffamazione e cyberbullismo: quando denunciare può salvare la vita

di Francesco Carini - Homo Sum Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o ...

di Francesco CariniHomo Sum

Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1.032.

Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a euro 2.065.

Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516.

Questo é l’articolo 595 del codice penale, che dovrebbe tutelare il cittadino nei casi sopraindicati, garantendo giustizia nel caso in cui la sua reputazione venga offesa.

Leggendone le parole, mi è venuto in mente Puccini e la fanciulla, ultimo film di Paolo Benvenuti uscito nel 2008 dopo un lungo lavoro di ricerca storica. Oltre ad essere girato in modo pressoché impeccabile, il regista toscano é riuscito a dar vita a un’opera straordinaria in cui viene messa in luce quanto l’ingiuria e la diffamazione possano risultare causa di una grande violenza psicologica tale da condurre una persona al suicidio.

Il lungometraggio é centrato sulla triste storia di Doria Manfredi, giovane donna di servizio di casa Puccini, accusata dalla moglie Elvira e dalla figliastra Fosca di essere l’amante del compositore, tutto questo per un malinteso e perché la ragazza aveva scoperto una tresca amorosa fra la stessa Fosca e il librettista del maestro.

Ne seguiranno grossi maltrattamenti in ambito domestico e lavorativo, oltre che accuse a dir poco infamanti diffuse nella comunità in cui viveva (Torre del Lago), che porteranno Doria nel 1909 ad uccidersi all’età di 23 anni. Solo dopo la sua morte fu appurata la verginità della ragazza, rea soltanto di aver coperto il Maestro nel suo rapporto extraconiugale con la cugina Giulia.

È una storia risalente a circa un secolo fa, ma di un’attualità spaventosa, con il meccanismo di fatti infondati messi in circolazione ad arte alfine di disintegrare l’immagine di una persona che, trovatasi sola e con le spalle al muro, non ha trovato altra soluzione che togliersi la vita. Già in posizione di svantaggio per essere “femmina”, il suo ruolo di “donna di servizio” non l’ha aiutata, anzi l’ha resa ancora più vulnerabile e messa alla gogna pubblica, difesa da nessuno anche per il peccato di essere nata in una famiglia non abbiente, contesto difficile in cui barcamenarsi sia ieri che (nuovamente) oggi.

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