di Francesco Carini – Homo Sum
Davanti a un numero crescente di terapie anticancro non validate da studi scientifici, fatte circolare sul web con troppa facilità (tramite: fake news, articoli che non citano ricerche importanti o che lo fanno con pubblicazioni più o meno opinabili), diventa fondamentale una comunicazione efficace (al contempo empatica) da parte della medicina ufficiale, alfine di tutelare un diritto sociale come quello alla salute, garanzia di un regime davvero democratico e di una civiltà evoluta, che rischia di perdersi nei meandri di inquietanti gruppi social, in cui fantomatiche cure e diagnosi “fai da te” possono spopolare pericolosamente e a velocità esponenziale.
La lotta contro il cancro rappresenta da decenni la battaglia più ardua condotta da parte degli scienziati, che diviene ancora più dura nel caso di tumori rari, in cui le diagnosi e le relative terapie diventano più difficili da portare avanti, soprattutto in un periodo storico come quello attuale, nel quale la crisi economica ha lasciato gravi strascichi in tutti i settori, compreso quello della sanità e della ricerca.
Ma in Italia resistono alcune eccellenze come il policlinico San Matteo di Pavia, dove si sperimenta da più di un decennio la terapia cellulare (prima pubblicazione risalente al dicembre 2005 sul Journal of Clinical Oncology), metodica in grado di uccidere in alcuni casi (con pochi e innocui effetti collaterali) le cellule cancerose, bloccando nel 50% dei casi l’avanzata di un tumore pericoloso come quello rinofaringeo. Quest’ultimo è un tipo di cancro raro nei Paesi Occidentali (con un’incidenza in Italia di un caso ogni 100.000 abitanti), invece è più frequente tra le popolazioni asiatiche (soprattutto Cina). A differenza di altri tumori del distretto testa collo non si correla con il fumo da sigarette e con l’abuso di alcool, mentre esiste una connessione con il virus Epstein Barr (EBV). Ruolo marginale è svolto anche da certe sostanze che si riscontrano in alcuni alimenti (es. carni affumicate) e che potrebbero in parte giustificare la più alta incidenza in Oriente.
La lotta contro questo tipo di cancro (classificabile in 4 stadi) resta ardua, ma la percentuale di sopravvivenza rimane alta, soprattutto se la diagnosi viene effettuata in tempi brevi, considerando la progressione sia a livello locale che metastatica.
A tal proposito, la dottoressa Simona Secondino, dirigente medico presso il dipartimento oncoematologico dello stesso centro di ricerca lombardo (diretto dal prof. Paolo Pedrazzoli), fa una disamina riguardante la malattia, soffermandosi sulle innovazioni connesse alla relativa cura.