Homo sumStress e “sindrome del cuore infranto”: binomio pericoloso

di Francesco Carini - Homo Sum Anche se considerata una malattia rara data la sua incidenza di 1 caso su 36.000, con una maggiore diffusione fra pazienti di sesso femminile (con un rapporto ind...

di Francesco Carini Homo Sum

Anche se considerata una malattia rara data la sua incidenza di 1 caso su 36.000, con una maggiore diffusione fra pazienti di sesso femminile (con un rapporto indicativo di 1:6 rispetto a quello maschile), qualche anno fa é “salita alla ribalta” anche in Europa la cardiomiopatia di Takotsubo. Chiamata sindrome dal cuore infranto, con i primi studi effettuati in Giappone ad inizio anni ’90, prende il nome dall’attrezzo a forma di cestello usato nel Sol Levante per pescare i polpi, sembianza parzialmente assunta (visibile tramite RM o ecocardiogramma) dal ventricolo sinistro in concomitanza all’insorgere di tale patologia (che corrisponde a una disfunzione sistolica).

I sintomi vanno dal dolore toracico alla dispnea, ad altri in comune con l’infarto. Se curata tempestivamente, può non arrecare danni permanenti, con una completa regressione nel 90% circa dei casi in un follow up di 7 anni, ma potrebbe risultare letale quando non viene diagnosticata in tempo.

Le sue cause non sono state definite con certezza, ma é stato riscontrato nell’anamnesi della maggior parte dei pazienti un periodo prolungato di stress emotivo, causa di un’iperattivazione del sistema simpatico, che porta anche a un cosiddetto “stordimento” del miocardio.

Riguardo l’importante ruolo coperto dallo stress, uno studio realizzato nel 2005 dal dottor Wittenstein e pubblicato sul The New England Journal of Medicine, conferma che su 20 pazienti, 13 ricoverati per cardiomiopatia di Takotsubo e 7 per infarto miocardico acuto, nei primi i livelli di catecolamine (es. adrenalina e dopamina) erano ben più alti rispetto ai secondi, numero che suggerisce quanto un forte scarico emotivo prolungato possa influire sull’insorgere della sindrome, dato presente a sua volta in uno studio del dottor Ueyama (pubblicato nel 1999 sull’American Journal of Physiology), in cui la somministrazione di una sostanza adrenobloccante a ratti sottoposti a stress da immobilizzazione attenuava una disfunzione ventricolare molto simile a quella prodotta nella cardiomiopatia di Takotsubo.

A tal proposito, il prof. Salvatore Novo, primario del reparto di cardiologia del policlinico Giaccone di Palermo ed esperto di patologie cardiovascolari (oltre ad essere stato fra i pionieri in Italia nello studio della suddetta sindrome), fa una disamina riguardo la malattia in questione.

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