Isabella Tovaglieri, 31 anni, vicesindaco di Busto Arsizio, si candida con la Lega per il collegio Nord-Ovest. Ecco la nostra quarta intervista per i Millennials candidati a queste europee.
Due sfide per l’Europa che secondo te hanno la priorità e come si affrontano nei prossimi 5 anni.
La prima priorità è il lavoro, e per risolvere il problema dell’occupazione dobbiamo sostenere innanzitutto le nostre piccole e medie imprese, che sono l’unica speranza che abbiamo per non farci fagocitare dalle grandi potenze mondiali. L’Europa, se vuole avere davvero un senso, deve porsi l’obiettivo prioritario di proteggere e rafforzare il proprio patrimonio imprenditoriale, in primis quello più sotto attacco, come le piccole e medie imprese, gli artigiani, il commercio di vicinato, gli agricoltori. Ad esempio, penso sia completamente folle pensare di tagliare di almeno il 5% i fondi per la PAC, la Politica Agricola Comune, con il rischio di indebolire la nostra sovranità alimentare, così come è incredibile che non si sia ancora arrivati ad una direttiva per la tutela del Made In, le nostre produzioni di eccellenza, prevedendo un’etichettatura obbligatoria con l’indicazione di origine e la tracciabilità dei prodotti.
La seconda priorità è la sfida contro l’islamizzazione. Lo scorso 25 aprile sono stata a Molenbeek, il quartiere di Bruxelles tristemente noto per averci “regalato” alcuni dei più spietati autori degli attentati terroristici che hanno colpito l’Europa negli ultimi anni: fa un certo effetto passeggiare per il mercato di un quartiere di quella che è di fatto la “capitale” dell’Unione Europea, incrociando esclusivamente donne velate. Non possiamo accettare che nel cuore dell’Europa ci sia una capitale come Bruxelles che è destinata nel giro di un decennio ad essere abitata in maggioranza da musulmani, come prevedono non i sovranisti ma il leader del Partito Islamico belga. L’islamizzazione è una parte del problema dell’immigrazione e dell’integrazione. Dobbiamo difendere la nostra identità e la nostra civiltà: braccia aperte per chi si adegua alle nostre regole e allo stile di vita europeo, mentre chi vuole importare usi e costumi che prevedono la sottomissione delle donne e la prevalenza delle leggi religiose su quelle civili, deve tornarsene da dove è arrivato.
Ambiente, il tema del futuro: tornare indietro per inquinare meno o andare avanti ed efficientarsi di più?
Andare avanti, senza dubbio. È il mercato oggi che spinge nella direzione dell’efficientamento, della sostenibilità e dell’economia circolare, quindi dobbiamo incentivare le imprese ad investire per innovare e per fare ricerca. Lo si può fare a livello nazionale, riducendo la pressione fiscale come vogliamo fare con la Flat Tax, e a livello europeo, indirizzando i fondi e i programmi europei su obiettivi ambiziosi in questo senso. Anche in questo caso però, i vincoli del patto di stabilità non aiutano. L’esempio è quello che è successo per anni ai nostri enti locali costretti, seppur virtuosi, a non spendere e a limitare al minimo indispensabile le opere pubbliche: una miopia che ha impedito ai Comuni di investire nelle politiche di efficientamento energetico, che avrebbero consentito di ridurre le spese per l’illuminazione e per il riscaldamento degli edifici pubblici e delle scuole.
L’Europa è governata dagli Stati: per questo si ragiona a politiche nazionali e non europee. Nel dibattito come ti poni?
La nostra idea di Europa si fonda sulla collaborazione tra gli Stati e non sulla cessione di sovranità. Siamo contrari a qualsiasi ipotesi di un Super-Stato europeo o di un modello sovranazionale che comporti il trasferimento di sovranità da parte degli Stati membri. Il modello dell’Unione Europea che controlla e bacchetta gli Stati, arrivando pesantemente ad ingerire nelle scelte politiche dei governi eletti democraticamente, è da accantonare una volta per tutte. Abbiamo visto com’è andata con la Grecia, tanto che persino il presidente della Commissione europea Juncker qualche mese fa ha ammesso che l’austerità imposta ad Atene è stata avventata e che è mancata solidarietà da parte dell’Europa. Di fronte a questo modello di Europa burocratica e invasiva, si dovrebbe rivalutare il principio di sussidiarietà, introdotto dal Trattato di Maastricht, in base al quale l’Unione interviene solo se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possano essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri. Stavolta però l’Europa la cambiamo davvero: ribalteremo i tavoli e rivedremo i trattati, per scardinare l’Euro-carrozzone guidato dai tecnocrati e riaffermare il modello di un’Europa dei popoli e delle autonomie locali, rispettosa delle sovranità e delle identità nazionali e davvero solidale e sussidiaria.
Nord Africa e migrazione: cosa propone un candidato al Parlamento Europeo?
La difesa dei nostri confini. Ci hanno preso in giro per anni con la retorica dell’accoglienza, promuovendo l’invasione, come se fosse un fatto ineluttabile. Invece il nostro leader Matteo Salvini al governo ha dimostrato che le frontiere si possono difendere e che i porti si possono chiudere, per spezzare il business dell’immigrazione clandestina, salvando anche tante vite di chi era di fatto incentivato a tentare, a suo rischio e pericolo, questi viaggi della speranza nel Mediterraneo, mettendosi nelle mani degli scafisti. Questa politica va declinata anche a livello europeo: fermare gli sbarchi vuol dire bloccare l’immigrazione clandestina, non l’immigrazione, che va ricondotta nell’alveo della regolarità, né tantomeno significa chiudere le porte a chi scappa dalle guerre, che merita corridoi umanitari per essere accolto in Europa. Il principio per il Nord Africa deve essere quello della cooperazione per lo sviluppo come incentivo a frenare le partenze: l’Europa lo ha fatto con la Turchia, destinando ben sei miliardi di euro per fermare le rotte dell’immigrazione verso i Balcani, non si capisce perché non debba farlo anche con i Paesi africani che si affacciano sul Mediterraneo.
Cina e Russia: due giganti con cui parlare o battersi?
Con cui confrontarsi, possibilmente a viso aperto. L’Unione Europea non può ridursi a bacchettarci per uno o due decimali di deficit/PIL o a fissare il diametro delle vongole, mentre rinuncia a giocare la partita dell’economia mondiale presentandosi ai tavoli in ordine sparso. La collaborazione che intendevano i Padri fondatori dell’Unione era sui grandi temi, invece abbiamo visto in questo quinquennio che il commissario europeo voluto da Renzi, l’ex ministro Mogherini alto rappresentante per la politica estera, gioca un ruolo di scarsissima importanza. Fatta questa premessa, credo che la scelta politica internazionale dev’essere chiara, improntata in primis alla collaborazione con il nostro partner storico, che sono gli Stati Uniti. Con la Russia occorre riaprire un dialogo, per arrivare al più presto alla cancellazione delle sanzioni, che per l’Italia hanno rappresentato un danno economico rilevantissimo, a tutto vantaggio della Germania. Con la Cina bisogna confrontarsi, partendo però dal presupposto che quella non è un’economia di mercato. Vale la linea della Lega sull’accordo per la Nuova Via della Seta, molto chiara: sì ad accordi commerciali che possano servire alle nostre imprese esportatrici e ad aprire opportunità di investimento, ma massima prudenza e cautela sui temi delicati della sicurezza e delle telecomunicazioni.
Siamo passati da fondatori ad essere piuttosto isolati su molti temi. Come può contribuire l’Italia allo sviluppo dell’Unione nei prossimi anni?
Rispetto a chi dice “più Europa”, io penso che ci sia bisogno di più Italia in Europa. E di un’Europa diversa, che si affranchi dall’asse franco-tedesco e in cui il nostro Paese torni a giocare un ruolo da protagonista. L’Italia può contribuire molto allo sviluppo dell’Unione, a patto che non ci costringano a continuare a rimanere in una situazione di crescita (e di sovranità) limitata, imponendoci vincoli senza logica e l’austerità a tutti i costi. Se l’Italia riparte, e per ripartire bisogna mettere in campo lo shock fiscale della Flat Tax, è un bene per tutta l’Europa.