Martina Riva è la nostra seconda intervistata: 26 anni, da sempre impegnata in politica e nel sociale, si candida nel Collegio Nord-Ovest per +Europa dopo tre anni al Consiglio di Zona 1 di Milano.
Tre sfide per l’Europa che secondo te hanno la priorità
L’Europa deve divenire un’Europa del merito: bisogna andare nella direzione di un sistema sempre più integrato tra università e imprese, in modo da rendere il nostro percorso formativo realmente competitivo con quello del resto dei paesi europei e non. Occorre investire fino al 3% del PIL in ricerca e innovazioni e restituire la dignità al settore scientifico, quello di chi ogni giorno lavora per il progresso e per il benessere di tutti.
L’Europa dev’essere, poi, un’Europa ad alta velocità: ogni area deve essere dotata di infrastrutture degne e ben collegata. Le infrastrutture sono un settore centrale, di servizio a tutti gli altri: non puntare realmente su queste significa non prendere sul serio il principio di libera circolazione di merci e persone. E se non si garantisce mobilità per queste ultime, non si garantisce nemmeno al pensiero e alle idee, rendendo di fatto impossibile la crescita.
Infine, l’Europa deve essere sostenibile: non vi sarà diritto che abbia senso tutelare, se prima non salveremo il nostro pianeta.
Ambiente, il tema del futuro: tornare indietro per inquinare meno o andare avanti ed efficientarsi di più?
La sfida ambientale è una priorità dell’agenda di Più Europa e ci batteremo per giungere a delle soluzioni finché il problema non sarà risolto: la sostenibilità deve indirizzare ogni scelta politica, economica e industriale. Tornare indietro, però, non è la soluzione. La tendenza dell’ambientalismo è chiedere discontinuità, se non addirittura un’inversione di tendenza. Io non sono d’accordo. Noi non abbiamo bisogno di decrescita: per risolvere il problema ambientale, al contrario, abbiamo innanzitutto bisogno di tecnologia. Gli scienziati ci dicono che i mezzi ci sono: occorre però l’intervento della politica, e che questi mezzi diventino convenienti ed economicamente sostenibili.
La decrescita è tutto ma non un modello sostenibile: è la politica peggiore che ci possa essere. Abbiamo bisogno di una transizione energetica che punti all’indipendenza energetica, all’efficienza economica e alla sicurezza dell’approvigionamento. Di una Politica Agricola Comune che promuova l’uso sostenibile delle risorse, a cominciare dalla terra coltivabile, ma senza che ci si dimentichi della produttività delle imprese. È necessario promuovere l’innovazione in ogni fase del processo produttivo e rimuovere gli ostacoli alle tecniche di coltivazione che consentono maggiori rese, riducendo però l’impatto ambientale. Il vero biologico è tecnologico. Occorre inoltre concentrarsi sulla risoluzione del problema dell’eccessiva produzione dei rifiuti: per esempio, addebitando il costo dello smaltimento dei rifiuti sui produttori, incentivando le bioplastiche e sviluppando una vera e propria economia circolare.
L’Europa è governata dagli Stati: per questo si ragiona a politiche nazionali e non europee. Nel dibattito come ti poni?
Penso che si debba superare la logica di chi ragiona solamente per politiche nazionali: la direzione giusta è quella di un’Europa federale, quella degli Stati Uniti d’Europa. Solo lasciandoci alle spalle gli egoismi e gli individualismi degli stati nazionali potremo fronteggiare le grandi sfide del nostro tempo: quella climatica, quella dell’immigrazione e quella della tassazione del digitale. Solo un’Europa unita e federale può fornire risposte soddisfacenti alle nostre paure e alle nostre esigenze. Serve assicurare maggiore libertà decisionale all’UE per permetterle di essere competitiva con i giganti del nostro tempo come Cina, Russia, USA, e come le multinazionali digitali, che svolgono straordinari servizi ma pagano tasse irrisorie a causa dei sistemi fiscali nazionali, ormai antiquati. Sono le potenze extraeuropee che hanno solo da guadagnare se restiamo piccoli e divisi. Solo uniti possiamo rapportarci a loro in condizioni di parità. Per questo i nazionalismi ci indeboliscono, facendo il gioco delle potenze straniere. Per questo penso che l’unico sovranismo possibile sia il sovranismo europeo.
Nord africa e migrazione: cosa propone un candidato al Parlamento Europeo?
Per quanto riguarda l’Africa, dobbiamo ormai guardarla da una prospettiva diversa: il continente africano sta conoscendo livelli di crescita economica incredibili e nei prossimi anni si prevede il raddoppio della popolazione. Occorre lavorare in una prospettiva di cooperazione con l’Africa, anche diventandone partner economico privilegiato, superando la Cina: occorre istituire un’area di libero scambio tra Europa e Africa, garantendo il rispetto di regole chiare che prevengano la concorrenza sleale e che garantiscono la crescita di cui c’è bisogno.
Riguardo all’immigrazione, penso che oggi sia un problema, ma solo in quanto mal gestita: se si puntasse sull’immigrazione legale, essa potrebbe diventare una risorsa. Chi sbarca sulle nostre coste è innanzitutto una persona che cerca migliori condizioni di vita. Siamo noi i primi a cercarle oltralpe o oltreoceano. Le attuali leggi in materia di immigrazione, che impediscono l’integrazione degli stranieri nella società e nel mercato del lavoro, vanno modificate. Occorre superare la legge Bossi-Fini, che non crea altro che irregolarità, lavoro nero, emarginazione e insicurezza per tutti. Oggi, inoltre, abbiamo un governo nazionalista e sovranista, che è la peggior condizione per chiedere una politica europea sull’immigrazione: per di più, il nostro Ministro dell’Interno, anziché cercare di trovare delle soluzioni appropriate, va a braccetto proprio con i rappresentanti dei paesi che si sono opposti alla ricollocazione dei migranti. Il tema dell’immigrazione è la dimostrazione del fatto che serva più Europa (o Più Europa!): quello che noi vogliamo è, a partire dal parlamento europeo, un’Italia che sappia cambiare le regole, a partire dalle modifiche al Regolamento di Dublino.
Cina e Russia: due giganti con cui parlare o battersi?
Il rapporto con la Cina va impostato in modo molto serio e ragionato: la Cina è un partner economico imprescindibile, ed è una potenza in grado di mettere in piedi grandi opportunità. L’altro lato della medaglia, tuttavia, è che anche i rischi sono grossi: il progetto della Nuova Via della Seta stravolgerà, anche in positivo, gli assetti del nostro continente, ma gli investimenti da parte di Pechino, con la conseguente penetrazione del gigante cinese nel nostro sistema, avrà conseguenze sia dal punto di vista economico, sia dal punto di vista geopolitico. Da parte della Cina, portare avanti opere nel nostro continente e investirci, significa anche porre radici. I settori strategici vanno protetti dalla potenza cinese: primo fra tutti, quello delle telecomunicazioni. Non dimentichiamoci, poi, che la Cina non è sottoposta alle regole europee che garantiscono la concorrenza leale. Bisogna attrezzarsi: non come Italia, perché non sarebbe sufficiente, ma come Stati Uniti d’Europa.
Per quanto attiene alla Russia, il discorso è diverso: come afferma la risoluzione del Parlamento Europeo dello scorso marzo, l’UE deve prepararsi ad adottare pesanti sanzioni e a limitare la cooperazione bilaterale nel caso in cui la Russia continui a violare il diritto internazionale. L’intervento russo in Siria, l’ingerenza in paesi come la Libia e la Repubblica Centrafricana, il sostegno di Putin ai partiti antieuropeisti e la continua violazione dei diritti umani sul proprio territorio sono inaccettabili. Una più stretta collaborazione sarebbe invece possibile e, anzi, opportuna, se la Russia, come minimo, ponesse fine alla guerra nell’Ucraina orientale, come previsto dai cosiddetti accordi di Minsk.
Siamo passati da fondatori ad essere piuttosto isolati su molti temi. Come può contribuire l’Italia allo sviluppo dell’Unione nei prossimi anni?
L’Italia deve puntare ad una riforma politica e istituzionale dell’Unione Europea: serve un nuovo Parlamento capace di garantire governabilità e rappresentatività. Il Parlamento Europeo dovrà essere composto da due rami, con funzioni differenti: vi dovrà essere una Camera eletta direttamente dai cittadini europei e un Senato federale, che dia voce agli Stati, alle principali regioni e anche alle principali aree metropolitane.
Come europei, dobbiamo essere protagonisti di quella che sarà la nostra sorte: dobbiamo essere forti e coesi in modo da poter competere a livello internazionale con i giganti economici che scommettono sul fallimento del progetto europeo, allo scopo di guadagnare spazi di influenza e potere.