di Francesco Carini – Homo Sum
«[…] Lei ha chiesto l’applicazione della recidiva per il furto di un chilo di albicocche […]. Lei ha lo zelo eccessivo di chi ha scarsa indipendenza morale». (Da In nome del popolo italiano, di Dino Risi, 1971)
Questa fu l’accusa rivolta dal giudice Bonifazi (interpretato da Ugo Tognazzi) verso un suo collega, “reo” di essere eccessivamente zelante per il suo scagliarsi contro un pover’uomo che aveva rubato un pò di frutta. Ma di contro, lo stesso “solerte” magistrato cercava di convincere Bonifazi ad essere più attento nel giudizio contro l’ingegner Santenocito (Vittorio Gassman), coinvolto invece nell’omicidio di una escort e in loschi affari multimilionari in cui erano implicate importanti personalità, consigliandogli invece di indagare sull’innocente ex fidanzato della ragazza, bravo ragazzo ma squattrinato. Pertanto, nel capolavoro di Dino Risi viene messo in risalto l’antico problema della richiesta della “legalità ad orologeria”, con preoccupanti manifestazioni di intolleranza e ostilità verso i più deboli e il silenzio davanti a casi di corruzione in cui sono in ballo denaro, benefici e potenti di turno.
A prescindere dai giudizi positivi o negativi sui modi e sulla decisione di attraccare al porto di Lampedusa da parte di Carola Rackete (consiglio di leggere la posizione di Domenico Quirico espressa il 29 giugno su La Stampa), sconvolge ancora una volta la violenza verbale riversata addosso ad una persona che ha deciso di sbarcare nonostante le fosse stato intimato il contrario dalle autorità, con la richiesta a gran voce di pene severissime da parte di migliaia di persone. La situazione è ben diversa da quella descritta nel film, ma dal punto di vista etico, giusta o sbagliata che sia stata la sua decisione, non ci si può accanire così selvaggiamente su una persona, né di presenza, né sui social network.
Ma ciò che dovrebbe preoccupare non è soltanto il turpiloquio a cui si è assistito in quest’ultima situazione, bensì la forza del branco di scatenare i più feroci istinti repressi, sintomi di esistenze che verosimilmente nascondono dei punti oscuri o sofferenze più o meno inconsce, tali da permettere esplosioni di comportamenti incivili, anti-sociali e sfoghi incredibilmente pesanti verso organizzazioni coinvolte, migranti o comunque nei confronti di chi (citando Norbert Elias) non è radicato in un determinato contesto.