Se la si guarda con occhi attenti, la Rivoluzione di Velluto di trent’anni fa ha avuto un suo svolgimento peculiare simile – ma con esito diverso – a quello di Piazza Teinamen, poiché i moti a Praga erano partiti dalle università, come accadde a giugno di quello stesso anno a Pechino.
Sono stati gli studenti, l’intellighentsia, gli scampati alla repressione del Sessantotto, i figli di quelle vittime, i superstiti della “Primavera” arrotata dai carri armati sovietici, i veri protagonisti delle manifestazione di protesta che culminarono con il ritorno sulla scena di Alexander Dubcek, accolto in quel venerdì 24 di novembre in piazza San Venceslao ricolma di praghesi pervasi di un entusiasmo epocale, che non riscontrai più da nessuna altra parte.
Il leader morale di quella “Rivoluzione” non è stato un operaio, come l’elettricista Walesa in Polonia, bensì un intellettuale, un commediografo, quel Vaclav Havel che passò in carcere la gran parte degli ultimi dieci anni di comunismo . . . se vuoi leggermi continua qui