Pop cornConoscere ciò che è accaduto pone l’uomo davanti alle sfide del futuro. Parla Rubino, storico e professionista dei beni culturali

Un blog di storia può rappresentare un seme, te ne prendi cura e può dar frutto, semplicemente, trasformandosi in quel moltiplicatore che permette di far vivere esperienze che aprono la mente.

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Antonio Rubino, storico

Avere memoria è il bene più prezioso per costruire le comunità future. Il digitale offre oggi nuove possibilità per poter condividere la storia e le memorie di un territorio, elementi imprescindibili per comprenderne l’evoluzione ed anticipare le curve del cammino che verrà. In Basilicata durante il Lockdown, nella terra della Val d’Agri, nota ai più come il cratere dell’energia e del petrolio, è nato il progetto unminutidistoria.it, messo in campo da Antonio Rubino, di Moliterno (in provincia di Potenza, professionista dei Beni Culturali che si è formato a Salerno e Firenze. Basilicata ha lavorato presso diverse biblioteche pubbliche e ora svolge attività di ricerca e di archivista libero professionista. Ha pubblicato alcuni saggi storici occupandosi nelle sue ricerche soprattutto della storia dei Frati Minori Francescani in Basilicata dal Medioevo ai giorni nostri. Altri temi delle sue ricerche la Storia dell’arte e le origini dei centri della Val d’Agri. Si occupa di eventi culturali e di progettazione in ambito di promozione del territorio e sviluppo locale.

Sul sito del progetto lei scrive che “Non è vero che il viaggio nella Storia è un viaggio nel passato ma verso il futuro”. Tenere insieme la memoria e l’innovazione è però una grande fatica, se pensiamo al fatto che il web ed i social non favoriscono l’approfondimento. E allora perché questo progetto?

E’ una sfida. Usare  il web, i social e l’innovazione per affermare il principio dell’importanza della storia nella nostra identità e per il nostro futuro. Ma su questo dobbiamo dire due cose fondamentali. La prima è che la storia, probabilmente, non insegna proprio nulla. Sembrerà dissacrante. Ma, la peggiore nemica della Storia è la banalità e la voglia di semplificare. La storia è tutto ciò che è accaduto, la storia è una infinità di vite dunque è qualcosa di terribilmente complesso. La seconda è che la storia e la memoria sono due cose differenti e che spesso, proprio la confusione tra questi due termini genera dei mostri. La memoria dei fatti è qualcosa di personale, la storia deve essere ricostruita tenendo conto di tutti i punti di vista possibili su quei fatti. D’altronde, lo storico che più amo, un gigante del Novecento, Marc Bloch, volle che si scrivesse sulla sua lapide: “Dilexit veritatem” – “Amò la verità”. La storia è un tema ottimo per i social perché è divertente (certo, vallo a dire a uno studente…ma la sfida sta proprio li, scovare un altro lato!). A guidare questo progetto ancora in embrione vi è l’idea che il passato non è importante, come si dice, per non ripetere degli errori, ma è necessario perché apre la mente verso il futuro. Se fosse vero che la storia è maestra di vita allora o non sa insegnare oppure gli allievi sono un disastro. Direi che di allievi pronti se ne vedono pochi, dunque la sfida è andarli a scovare lì dove si pensa ce ne siano di meno ma è più facile incontrarsi, come ad esempio sul web. La storia, come anche la letteratura o l’arte, è un moltiplicatore di esperienze. Conoscere ciò che è accaduto pone l’uomo davanti alle sfide del futuro con una esperienza in più, la storia è la possibilità di vivere altre vite. Posso fare un esempio? Il dibattito attuale, almeno prima della pandemia, aveva un tema principale: l’immigrazione. La dico in un flash: chi conosce la storia degli ultimi secoli dell’Impero Romano non avrà certo da stupirsi davanti a questo fenomeno, chi non la conosce è costretto alla paura (naturale e giustificata) alla chiusura (la non conoscenza porta a ridurre i confronti) peggio ancora all’indifferenza (conoscere il passato fornisce chiavi di lettura per agire). Ora, l’innovazione è fondamentale per la storia, nel campo della ricerca, come nel campo della divulgazione. In questo modo il web e i social possono avere angoli e occasioni di approfondimento che possono portare ad iniziare nuovi percorsi. Un blog di storia può rappresentare un seme, te ne prendi cura e può dar frutto, semplicemente, trasformandosi in quel moltiplicatore che permette di far vivere esperienze che aprono la mente.

 

In uno dei suoi video parla dell’origine di Moliterno, in Val d’Agri, a pochi passi dalla più importante piattaforma energetica europea. Può raccontarla anche qui?

Anche qui però devo fare una premessa. Nella vita professionale mi occupo di riordini archivistici, vale a dire recupero e ordinamento con metodo scientifico di nuclei di documenti che, spesso, esaurita la loro funzione pratica, finiscono nei luoghi più impensabile. Anche qui usiamo tecnologia e innovazione (archivi digitali, digitalizzazioni dei documenti, ecc.) L’Archivista però nei comuni della Basilicata è come un missionario solitario, come i Gesuiti in Giappone del film di Scorsese tratto dal romanzo “Silence” …  Missionari che parlano una lingua oscura ma che con tenacia,  carta per carta,  recuperano qualcosa di perduto:  nomi, storie, percorsi iniziati, vicende sconosciute, vite. Il contatto con quelle carte è vitale davvero, perché spesso dopo ore di lavoro esce una luce su argomenti che da tempo si credevano verità solo perché sedimentate nella memoria. La storia locale ha bisogno di questa vitale materia che sono gli archivi perché li sono conservate le radici. Moliterno ha un castello medievale famoso, lì attorno dopo la distruzione della città di Grumentum si raccolgono profughi grumentini, siamo in un periodo storico (IX – X SEC.) che prende proprio il nome di incastellamento. La gente chiede riparo e difesa. Attorno a quel castello nasce un borgo che è il nucleo insediativo dell’attuale abitato. Ma, la ricerca storica, attraverso la toponomastica, le fonti materiali e scritte ci porta a scoprire che un primo abitato, difeso da mura, è precedente alla costruzione di Grumentum sul territorio di Moliterno e si trova sul Monte Vetere. Mentre a valle nel sito di Murgia di Sant’Angelo sono state ritrovate tracce di frequentazione dell’età del bronzo. La cosa interessante è che si trattava di pastori dediti alla transumanza che si stanziavano stagionalmente in quel luogo sulla strada verso il Vallo di Diano. Pensate, tra i reperti di IX-VIII sec. a.C troviamo utensili per il latte… ditemi voi se nel paese del Canestrato IGP questa storia non è importante! L’origine dei paesi della Val d’Agri ruota intorno a vicende come questa che ho sintetizzato e collega tutti questi comuni, tra processi lunghi, corsi e ricorsi, in una comunità unica. Un comprensorio: ecco, allora ditemi se la storia non serve anche alla politica e alla governance di un territorio.

 

Sul sito non ci sono solo approfondimento sulla storia locale ma anche su altri grandi temi. In uno di questi post si è interrogato sul cosa resterà, nella storia, di questa pandemia.

Una domanda che mi intriga e che mi ruba molti pensieri. Però è una domanda senza risposta. Perché siamo abituati alla storia scritta dai documenti, alla storia raccontata sui libri. Ma la domanda che mi intriga è: quali saranno le fonti dello storico di domani. Ne avrà così tante a disposizione che le interpretazioni saranno ancora più complesse? Bene interrogarsi su questi temi serve per riflettere sulla necessità del metodo della storia. Uno storico non può mai piegarsi a verità di comodo, è come un giudice che deve analizzare tutti i fatti ma alla fine non deve giudicare, ma interpretare. Un mestiere difficile perché tende alla verità pur sapendo che sarà irraggiungibile. Però, in questo si innesta un fascino incredibile e spesso irresistibile, il filosofo francese Jankélévitch diceva : “Chi è stato non può più non essere stato: d’ora in poi questo fatto misterioso e profondamente oscuro di essere stato è il suo viatico per l’eternità.”

La storia, la cultura in generale, possono essere anche economia. In che modo si può legare la storia al progetto di sviluppo di un territorio.

Per quanto ho detto prima devo per forza esprimere un pensiero radicale, ad esempio a mio parere non si può amministrare un territorio se non se ne conosce la storia. Nella storia ci sono elementi di identità, chiavi di comprensione dei contesti, spunti per agire. Non mi avventuro nel discorso (francamente abusato e anche poco contestabile) che i beni culturali rappresentano una fetta importante del PIL Italiano a fronte di un investimento ridicolo in questo settore per un paese come il nostro. Per stare sul tema della storia, oltre agli esempi che ho fatto prima potremmo verificare quanto la valorizzazione di prodotti, luoghi, paesaggi può acquistare risonanza se collegata alla ricerca storica che esalta le vocazioni dei territori e non legata alle mode. Le feste della birra sono divertenti, ma un investimento in eventi legati alla storia con solide ricerche alle spalle durano nel tempo e richiamano attenzione perché contraddistinguono un territorio. Spesso, però, la storia viene massacrata. Continuiamo a narrare storie di briganti, convinti che rappresentino la nostra identità. A studiare la storia, invece, scopriamo che la Basilicata è stata terra di grandi intellettuali, di classe dirigente di qualità e che nel periodo del brigantaggio tutto questo tifo per i briganti  è forse una invenzione di chi vuole piegare la storia dell’800 ai contesti attuali . Pensi un po’, nel mio paese è nato un tizio che nell’800 si dedicò alla politica europea e viene identificato come il primo grande giornalista europeo… però si sovvenzionano feste della birra ma non ricerche ed eventi, o un parco tematico della Val d’Agri su Ferdinando Petruccelli della Gattina. Si! Direi di si! Investire in cultura serve a fare economia e posti di lavoro, ma per saperlo dobbiamo studiare la storia!

 

 

minutidistoria.com

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