Ma quanto sei ipsoso? Che gente ipsosa che c’è in giro? Vorrei cancellare i miei account social per non rischiare di diventare ipsoso.
Dovremmo cominciare a esprimerci così, con questo nuovo vocabolo.
Ipsoso sta, infatti, a indicare un alto livello di ‘dispercezione’ della realtà, ossia la percezione errata di un fatto a causa della sua narrazione. Vale a dire tu capisci in base a come io te la racconto. Ma anche della narrazione che ci facciamo da soli, insomma, come ce la raccontiamo.
“Poiché in realtà il Grande Fratello non è onnipotente e il partito non è infallibile, si rende necessaria una instancabile capacità d’adattamento nell’interpretazione dei fatti che vanno aggiornati di continuo e veramente… non si trattava nemmeno di una falsificazione, ma solo della sostituzione di uno sproposito con un altro sproposito… tutto quel che si richiedeva era soltanto una serie infinita di vittorie sulla propria stessa memoria. Controllo della realtà lo chiamavano. E in neolingua bispensiero”.
Sì, 1984 di George Orwell. Dovremmo impararlo a memoria.
L’Italia è, infatti, tra i primi posti nella classifica dei Paesi ipsosi, ovvero di chi ‘crede’ invece di ‘sapere’. Non si tratta soltanto di fake news, ma di ‘messa a fuoco’ sbagliata della realtà. Causata anche dall’infodemia, ossia dall’epidemia di informazioni che ci bombardano h24. Un tale sovraccarico di contenuti induce a ragionare e quindi a formarsi una opinione in base alle proprie percezioni. La persuasione vince sul ragionamento, dunque, ma non come succedeva con la retorica dei ciceroni in grado di articolare con contenuti plausibili un pensiero. Oggi piuttosto la persuasione viaggia nella bolla della disinformazione globale, alimentandola a sua volta.
Si tratta di una questione semantica diventata antropologica.
Come ha scoperto Hannah Arendt: Siamo contemporanei fin dove arriva la nostra comprensione. Se vogliamo sentirci a casa in questo mondo, anche al prezzo di sentirci a casa in questo secolo, dobbiamo cercare di partecipare al dialogo interminabile con l’essenza del totalitarismo.
Il totalitarismo della Arendt era quello nazista di cui Eichmann incarnava l’emblema della banalità del male: il funzionario delle SS che aveva organizzato il traffico ferroviario per il trasporto degli ebrei ai campi dei concentramento semplicemente non era capace di pensare.