Se fossi seduta ai banchi di scuola al posto di mio figlio che ha iniziato la prima media, avrei già preso una nota. Ho sbagliato, infatti, a compilare il modulo con la richiesta dell’autorizzazione per l’uscita da scuola del minore non accompagnato. Altrimenti noto come Nano Mefistofelico. Per fortuna mi sono accorta in tempo e ho corretto il tragitto che la creatura farà per tornare a casa. Avevo, infatti, indicato una via che farebbe compiere al fanciullo la “circumnavigazione” del comune, quando di fatto la scuola è a due passi, anzi a due vie, da casa. Insomma, invece che 10 minuti ne impiegherebbe 30 con il rischio di una denuncia per tentato abbandono di minore!
Scherzi a parte, mi sono interessata in merito a questo obbligo da parte delle istituzioni che pare paradossale: chiedere il permesso per far tornare a casa mio figlio da solo; senza contare il fatto che, invece, per l’andata, ossia per il tragitto casa-scuola, non serve alcuna comunicazione.
È proprio il concetto
di “richiesta”
che mi incuriosisce
Nel codice penale è specificato che chiunque abbandoni una persona minore di anni 14 della quale abbia la custodia o debba averne cura, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Quindi anche l’insegnante che lascia uscire un minore di 14 anni da solo rischia una denuncia per omesso controllo e il genitore una denuncia per abbandono di minore.
Si fatica, tuttavia, a trovare un’epoca il cui gli studenti siano stati ritirati
a scuola dai genitori
Inoltre, scartabellando i numeri, si scopre che in Italia solo il 30% dei ragazzini torna a casa da solo, mentre negli altri Paesi europei la percentuale è del 90%. I dati sono del 2015, tuttavia la situazione è sostanzialmente stabile come rivela l’ultimo rapporto Istat disponibile. Inoltre, secondo le poche ricerche italiane sulla mobilità autonoma dei bambini/ragazzini italiani questa è in progressiva diminuzione: “La fascia di età di 11 anni, che segna il passaggio dalla scuola primaria alla secondaria rappresenta un salto nel processo di acquisizione dell’autonomia e dunque un brusco mutamento nei comportamenti genitori/figli; esiste una differente percezione dell’età di rilascio dei permessi tra genitori e figli: mentre i primi tendono a sottostimarla in ragione di un profondo mutamento del ruolo genitoriale intervenuto negli ultimi decenni in Italia, i secondi manifestano un atteggiamento opposto segno evidente di un profondo bisogno di maggiore autonomia; sempre a questo proposito l’atteggiamento contraddittorio manifestato dai genitori è un segnale preoccupante della contraddizione nella quale sono costretti a vivere quotidianamente i genitori italiani che se per un verso ritengono di avere una sufficiente capacità di conoscere il proprio ambiente di vita e le persone che vi abitano, dall’altro sono costantemente bombardati dai media che li portano a dubitare delle loro conoscenze e capacità di giudizio e a ritenere che i loro figli siano sotto costanti minacce”.
L’anno Zero è il 2017
quando tutto precipita
Il Miur e la scuola vengono condannati per la morte di un ragazzino di 11 anni, avvenuta nel 2012. Il ragazzo non era stato consegnato nelle mani dei genitori all’uscita di scuola e poco dopo morì, incastrato fra le porte dello scuolabus. La Corte di Cassazione condanna non solo l’autista, ma anche la scuola e il Comune di Firenze.
È la bagarre!
Per risolvere la cruciale questione e le feroci polemiche sollevate da genitori e dirigenti scolastici in tutta Italia, presto diventa legge la consuetudine di stringere un patto scuola e famiglia, ufficialmente per la responsabilizzazione degli alunni delle scuole medie. Da qui il modulo con la richiesta di cui sopra da firmare per consentire l’uscita autonoma del proprio pargolo, al fine di esonerare “il personale scolastico dalla responsabilità connessa all’adempimento dell’obbligo di vigilanza”. Ovviamente tutto in considerazione dell’età, del grado di autonomia e dello specifico contesto, nell’ambito di un processo di ‘auto-responsabilizzazione’.
Ecco allora un assaggio delle voci “bizzarre” del modulo, dove dichiarare:
- di aver valutato le caratteristiche del percorso casa–scuola e dei potenziali pericoli;
- di aver valutato che nostro figlio, pur minorenne, ha, a nostro parere, un grado di maturità tale da consentirgli di effettuare il percorso scuola-casa in sicurezza;
- di ritenere utile questa modalità di uscita per il percorso di crescita in progressiva autonomia;
- di essere disposto a collaborare con la scuola per ogni iniziativa di tutela e prevenzione e di esercitare un continuo controllo sul/sulla minore.
Responsabilizziamo i ragazzi per deresponsabilizzare le istituzioni, ovvero dove non arriva il buon senso ci pensano i legislatori.