E(li's)booksWyoming di Barry Gifford

Tutti, grandi o piccoli, «abbiamo bisogno di un Wyoming».

E’ tornato in libreria ieri in una nuova edizione, vi parlo di Wyoming di Barry Gifford.

Il libro

Un bambino di nove anni e la madre, in macchina, sulle strade dell’America degli anni Cinquanta, ritratti nel loro vagabondaggio tra campagne e motel, notti alla guida e giornate fitte di parole. Mentre la strada scorre alle loro spalle madre e figlio osservano il paesaggio che li circonda, ascoltano canzoni e notiziari, e parlano: dei ricordi di famiglia, delle ingegnose idee di Roy, del papà sempre altrove, dei luoghi in cui si fermeranno per mangiare o dormire, dell’esistenza dell’anima. Insieme, attraverso le parole, trovano la forza di immaginare un’esistenza migliore, anche quando tutto sembra opporsi a una possibile felicità. E mentre si spostano da Chicago a Miami, da New Orleans a Kansas City, Roy sogna di andare un giorno nel Wyoming, quella terra di campi sconfinati che ha visto sulla cartina geografica, un luogo dell’anima a cui pensare quando le cose si mettono male. E la mamma non può che dargli ragione, perché tutti, grandi o piccoli, «abbiamo bisogno di un Wyoming».
Costruito solo sui dialoghi, Wyoming è un romanzo diretto, essenziale.

La mia lettura

Nella storia americana del “selvaggio” West la prima legislatura territoriale del Wyoming Territory (non era ancora stato, lo diventerà nel 1890) approvò la prima legge della storia degli Stati Uniti che garantì alle donne il voto e anche il diritto a cariche pubbliche, questo 20 anni prima di diventare il 44° stato americano.

Il Wyoming è una icona western che aiuta a comprendere l’epica americana dei pionieri e dei trapper, dei nativi, dei cowboys, degli sceriffi, l’epica cantata nelle ballate country e raccontata nei classici cinematografici di Hollywood.

Vi dico questo perchè io ho pensato a queste cose per spiegarmi il titolo del romanzo.

Roy e sua madre hanno intrapreso un lungo viaggio che possiamo considerare a cavallo tra esperienza reale e esperienza immaginaria perché Roy è un bambino e tante cose le ha viste nella sua fantasia, sulle carte geografiche che adora guardare.

In Wyoming io ho visto una vera e propria pedagogia del viaggio, metafora della formazione, una forma di resistenza.

Il viaggio che ci racconta Barry Gifford è un viaggio senza fine, un dialogo lungo centododici pagine, in cui assistiamo come nonostante tutto il piccolo protagonista riesca a conservare intatta la sua ingenuità, il suo candore. Roy vuole arrivare nel Wyoming, vi immagina spazi immensi dove correre a perdifiato col suo cane, ma Roy non ha un cane e quell’infinito viaggiare è un modo che ha sua madre di inseguire una qualche felicità.

Il paternalismo per assenza qui mi è sembrato non solo il veicolo per difendere l’autonomia della figura materna, ma anche una lettura non più totemizzante, è completamente in disarmo dal momento che neppure la morte del padre di Roy in un ospedale di Chicago interromperà il viaggio.

«Hai presente quell’amico di papà che ha un occhio quasi sempre

chiuso?».

«Buzzy Shy. Il suo vero nome è Enzo Buozzi. Come ti è venuto

in mente?».

«Un cameriere del Saxony ha detto che Buzzy gli ha offerto

cinque dollari se gli lasciava baciare la patta dei pantaloni».

«Chi te l’ha detto?».

«Ho sentito che lo diceva a Eddie C.».

«Hai sentito chi?».

«Freddy, il cameriere. Perché Buzzy voleva baciare la patta di

Freddy?».

«Buzzy ti ha mai messo le mani addosso, Roy?».

 […]

«Una volta Phil Sharky mi ha messo in mano la sua pistola.

Era bella pesante. Ha detto di stare attento perché era carica».

«Tuo papà era lì?».

«No, era uscito con Dummy Fish e mi aveva lasciato al negozio.

Aveva detto che sarebbe tornato subito. Io ho chiesto a Phil

se la pistola sarebbe stata meno pesante senza i proiettili dentro

e lui ha risposto di sì, se quelli andavano dove dovevano andare».

«Piccolo, finché spetta a me decidere, non voglio che tu veda

mai più Phil Sharky. Gliel’hai raccontato a tuo papà? Che Phil

ti ha lasciato prendere la sua pistola?».

C’è l’America fuori dal finestrino e Roy la guarda attento, le sue domande da bambino ci aiutano a guardare ogni cosa con i suoi occhi e le riflessioni sulla vita e la morte hanno una cifra poetica, struggente.

«La temperatura dipende da quanto siamo vicini al Paradiso

o all’Inferno?».

«No, Roy, il Paradiso e l’Inferno non c’entrano niente col tempo.

Ciò che conta è quanto è distante un posto dall’Equatore».

«Quello so dov’è. È una linea che gira intorno alla Terra».

«Più si è vicini all’Equatore, più fa caldo».

«Penso che l’Inferno sia dalle parti dell’Equatore, mamma.

La terra si spalanca come un’enorme tomba e quando il mondo

gira tutti i cattivi ci cadono dentro».

«E i buoni come vanno in Paradiso?».

«Arriva un turbine di vento, il Tornado di Dio, li solleva e li

porta lassù. Scompare sempre qualcuno dopo un tornado».

«E che mi dici del Purgatorio? Il posto dove stanno le persone

su cui Dio non ha ancora deciso».

«Penso che aspettino sulla Terra finché non vengono scelte da Dio o dal diavolo».

 Il registro del linguaggio è credibile, il ritmo dei dialoghi segue letteralmente la strada, la figura della madre è molto bella, tangibile il suo disorientamento, il desiderio di trovare un posto al sole, la paura che le sue speranze possano essere disattese.

Commovente il modo in cui Roy si prende cura di questa donna timida, fragile, sono entrambi così reali che arrivati in fondo al romanzo viene da ringraziare Barry Gifford per averci presentato due amici.

“Pubblicato per la prima volta in Italia nel 2000, ormai fuori catalogo e attesissimo dai lettori, Wyoming è il primo di una serie di volumi dedicati al personaggio di Roy che Jimenez porterà in libreria nel corso del 2022. A seguire, Il mondo di Roy, da cui il regista Rob Christopher ha tratto l’omonimo film con i contributi di Willem Dafoe, Matt Dillon, Lili Taylor, e Il ragazzo che fuggì nel mare.”

Wyoming di Barry Gifford

Jimenez edizioni

Traduzione di Michela Carpi

Pagine: 112 brossura con alette € 18

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