DUBAI – Negli Emirati Arabi la crisi economica sembra molto lontana. Entro la fine del 2011 é prevista una crescita di circa 3,5% del Pil nazionale. I tempi bui del 2009, quando per la prima volta nella storia il Paese ha visto diminuire del 2,7% la sua crescita, sono definitivamente passati. E anche per le aziende italiane, Dubai, Abu Dhabi e gli altri emirati sono una vera boccata di ossigeno: dopo il crollo verticale del 2009, quando le esportazioni italiane negli Emirati erano calate del 28,6%, quest’anno i dati sono più che positivi. Il primo quadrimestre del 2011 ha segnato un più 14,5%, mentre il primo semestre (questi sono gli ultimi numeri della Camera di Commercio italiana negli Emirati) ha toccato il più 21,4% rispetto allo stesso periodo del 2010, confermando un trend positivo in ulteriore crescita che non sembra solo un recupero del terreno perso con la crisi del 2009.
Ma davvero il rischio di una crisi, che anche nel 2009 era arrivata con qualche mese di ritardo, é scongiurato? Secondo Mauro Marzocchi, segretario generale della Camera di Commercio italiana, ci sono diversi segnali che fanno ben sperare: «Io sono qui dal 1985 e negli anni passati, quando ci sono state crisi internazionali, gli Emirati si sono comportati come tutti gli altri Stati. Anche perché la particolarità del Paese, e di Dubai soprattutto, è quella di essere un forte esportatore». Se quindi, durante le congiunture economiche negative, anche gli Emirati avevano rallentato, quest’anno – prosegue Marzocchi – é totalmente differente e lo si vede anche da come stanno andando gli investimenti italiani: «Le nostre imprese che, in momenti come la Guerra del Golfo o il 2009, si erano ritirate nel loro guscio, oggi sono in piena attività: anzi, si sta verificando un grande e rinnovato interesse per gli Emirati, sia da parte dei locali verso le imprese italiane, che viceversa».
Interesse che questa volta riguarda, ed è un’altra novità, la piccola e media impresa. Secondo una recente ricerca condotta per l’Istat dalla Camera di Commercio italiana, l’Italia esporta più negli Emirati (nonostante il Paese conti appena 8 milioni e mezzo di abitanti) che in paesi come l’India o l’Egitto. Nella classifica delle esportazioni italiane nel mondo (i dati si riferiscono al 2010), gli Emirati sono infatti al sesto posto con 3 miliardi 685 milioni 262 mila euro, poco sopra all’India con 3 miliardi 386 milioni 979 mila euro e ben sopra l’Egitto con 2 miliardi 939 milioni 782 mila euro. Un giro di affari di poco inferiore a quello con il Brasile, che si aggira intorno ai 3 miliardi 880 milioni 61 mila euro. L’Italia è il settimo Paese esportatore negli Emirati a livello mondiale e il terzo europeo, dopo Germania e Regno Unito.
Certo, bisogna aspettare la pubblicazione dei conti del 2011 per tirare un bilancio definitivo, ma a favore del mercato, da questa parte del mondo, pesano anche altre questioni. Prima di tutto il fatto che per gli Emirati la principale fetta di mercato si basa sulla forza ri-esportativa nei Paesi del Golfo, nell’Africa orientale e in parte dell’India (Dubai riesporta circa il 75 per cento delle merci che importa): tutti paesi che per ora stanno risentendo molto poco della crisi europea. Una garanzia, dunque, di solidità economica. In più sta giocando a favore degli Emirati la stabilità politica rispetto agli altri paesi arabi. Un esempio su tutti: l’hub di Intesa Sanpaolo per l’Africa e il Medio Oriente avrebbe dovuto avere sede in Egitto, ma dopo i fatti di questi ultimi mesi é stato spostato a Dubai.
Ma qual è l’identikit delle imprese italiane che investono negli Emirati? «Nel 2009 c’è stata una grande pulizia del mercato – spiega Mauro Marzocchi – abbiamo pagato molti avventurieri che hanno cominciato nel 2007/2008 e che pensavano di venire qui a trovare l’Eldorado, mettendo non in buona luce l’imprenditoria italiana. Negli ultimi sei mesi, invece, si vedono nuovi italiani, ma manager di un altro livello, sia di imprese nostrane che locali. Direi che l’italiano che considerava Dubai come un giocattolo adesso non c’è più. Ora abbiamo un livello qualitativo alto».
Sono inoltre cambiati, o meglio stanno cambiando, i settori delle aziende che investono nel Paese: non sono più legate in maggioranza al sistema casa, ma al settore tecnologico. «C’è stata una sorta di sostituzione con aziende che vanno dalle trafilerie, alla produzione di pavimenti per uffici, fino a quella di mozzarelle» aggiunge Marzocchi. Lo vediamo anche nelle missioni. Una volta erano sempre legate ai mobili, agli architetti, mentre adesso cominciano a diradarsi a favore di aspetti più tecnologici. Ricordo che una delle principali voci dell’esportazioni italiane sono proprio gli apparecchi meccanici». Qualche numero: il settore dei macchinari ha segnato un più 44,5% nei primi sei mesi del 2011, quello dei metalli un più 32,2%, l’abbigliamento e i tessuti più 23,3%, l’alimentare più 13%, mentre il sistema casa ha perso il 6,9 per cento. Un dato significativo che dimostra come gli Emirati, e i Paesi vicini, si stiano avviando verso un mercato più maturo, che comincia a produrre, a richiedere macchinari e investimenti.