Un altro tsunami colpisce la Borsa di Tokyo, arrivata a perdere fino al 17,5% nella seduta di oggi. Sullo sfondo, il peggioramento della situazione nella centrale nucleare di Fukushima, dove nella notte è avvenuta un’altra esplosione. A fine giornata, dopo un’iniezione straordinaria di liquidità da parte della Bank of Japan, i due listini di Tokyo Stock Exchange, Nikkei 225 e Topix, segnavano rispettivamente -10,55 e -9,47 punti percentuali. In termini statistici, è stata la terza perdita di sempre per la piazza nipponica, come riportato dall’agenzia Kyodo News.
La minaccia nucleare che ha colpito il Giappone si è abbattuta sulle piazze finanziarie con una furia inaudita. Colpiti dalle vendite soprattutto i titoli collegati al mercato energetico e all’industria pesante. In due giorni si sono volatilizzati 287 miliardi di dollari, pari a 23.500 miliardi di yen, quanto iniettato dalla Bank of Japan da lunedì.
All’incrementare del rischio di fughe radioattive l’indice Nikkei 225 è sceso sempre di più. L’apertura delle contrattazioni era già stata molto pesante, ma il peggio doveva ancora arrivare. Verso metà seduta, la follia. Il primo ministro Naoto Kan si rivolge alla popolazione antistante Fukushima, chiedendo di non uscire di casa per un rischio contaminazione. Per il Nikkei è il panico più completo.
Tokio Electric Power Co. (Tepco), il gestore della centrale incriminata, ha visto il proprio titolo sospeso dopo una seduta iniziata in declino di oltre 20 punti. Allo stesso modo, i realizzi hanno colpito anche Fujitsu (-9,32%), JVC Kenwood (-16,33%) e Takaoka Electric Manifacturing (-21,05%). Grandi perdite anche per Aozora Bank, in contrazione di circa 23 punti percentuali a metà giornata e di 10,9 punti a chiusura. Sotto pressione anche il mercato automobilistico, con Toyota, Honda e Nissan a guidare al ribasso il segmento. Il settore finanziario non è stato esente dalla furia ribassista. Sumitomo Mitsui Financial Group ha perso circa il 7%, dopo essere andata oltre il 16%, mentre Mitsubishi UFJ ha ceduto quasi 9 punti percentuali, dimezzando le perdite rispetto a metà seduta. Stesso dicasi per Mizuho Financial e Nomura Holdings, che poi hanno contenuto parzialmente le vendite dopo l’intervento della Bank of Japan. Sul versante delle società di elettronica, fortemente colpite dallo tsunami, troviamo le performance negative di Olympus, Panasonic e Sony, i tre big del settore che hanno chiuso la seduta con oltre 10 punti di rosso. Come avvenuto ieri, la giornata di Borsa ha riservato notevoli perdite per il segmento della siderurgia. Nippon Steel ha perso il 10,9%, quasi come JFE Holdings, -13,7%, e Kobe Steel, -12,1 per cento. Sono stati infatti i titoli legati all’industria nucleare i più esposti alle vendite degli investitori, che hanno cercato di allontanare dal proprio portafoglio le società più a rischio.
Le paure degli operatori nascono da un’escalation del crisi della centrale di Fukushima. Un’altra deflagrazione è stata udita nella notte e riguardava il reattore n2. Contemporaneamente è arrivata la notizia di un rogo all’interno del reattore n4, domato dopo due ore. Infine, le prime stime sulla contaminazione, seguite da una contrazione sempre più spinta degli indici Nikkei e Topix. Su quest’ultimo listino Tokyo Stock Exchange, la società che gestisce i mercati nipponici, ha deciso di stoppate la negoziazione sui contratti futures per evitare ulteriori perdite, divieto esteso poi per le pratiche di arbitraggio sulle azioni componenti l’indice. A due ore dalla chiusura, è anche avvenuto un flash crash, un’ondata di ordini automatizzati di vendita come accadde al Dow Jones lo scorso 6 maggio, che ha spinto al ribasso il Nikkei del 17,5 per cento.
A contenere del tutto il crollo non è bastato nemmeno il nuovo intervento della Bank of Japan a sostegno dei mercati. Dopo una maxi iniezione di liquidità di lunedì mattina, oltre 15mila miliardi di yen, ne è arrivata un’altra, per circa 5mila miliardi. Il governatore Masaaki Shirakawa ha tentato di sterilizzare i rischi dello tsunami prima e della minaccia nucleare dopo, ma è stato un lavoro inutile. In ultima istanza, Shirakawa ha fornito altri 3mila miliardi di sterline a breve termine, circa due ore prima della chiusura delle contrattazioni. Anche questa misura, considerata “estrema e del tutto imprevista” dagli analisti di Nomura, non è servita. I giorni più lunghi di Tokyo non sono ancora finiti, come dimostra anche la debolezza dello yen, ancora debole nel cross con il dollaro statunitense, ora a quota 81,77.
Come ieri, la palla è passata ai mercati europei. Londra, Francoforte, Parigi, Milano e Wall Street hanno aperto le loro sedute con cali compresi fra l’1,40 e il 2,50 per cento. In realtà, già verso le 7:30 ora italiana i futures sui listini del Vecchio continente erano negativi: il londinese Ftse 100 perdeva il 2,49%, il francese Cac 40 l’1,26 e il tedesco Dax l’1,54. Anche per il principale indice di Piazza affari, il Ftse Mib, il futures era in contrazione. L’impressione è che il contagio giapponese possa espandersi ancora.