La mannaia di Standard & Poor’s si abbatte su Grecia e Portogallo. Due downgrade pesanti, arrivati a mercati aperti, sono stati compiuti oggi dalla più importante agenzia di rating. Il giudizio su Atene è stato tagliato da BB+ a BB-, outlook negativo. Quello su Lisbona è passato, dopo il taglio di giovedì scorso, da BBB/A-2 a BBB-/A-3, sempre con prospettive negative. Sui tagli pesano le incertezze sul finanziamento derivante dallo European stability mechanism (Esm), il fondo salva-Stati approvato dal Consiglio europeo la scorsa settimana che partirà nel 2013. E per la prima volta si parla senza remore di ristrutturazione del debito. Sarebbe questa infatti la conditio sine qua non dell’arrivo dei soldi dell’Esm.
Continua l’agonia del Portogallo dopo le dimissioni di Josè Socrates, primo ministro lusitano, giunte a seguito della bocciatura del piano di austerity da parte del parlamento. Le agenzie di rating non avevano gradito questa mossa. Prima Fitch e poi sempre S&P avevano tagliato il giudizio su Lisbona, sull’onda delle indiscrezioni di un imminente intervento dello European financial stability facility (Efsf), il fondo europeo di stabilizzazione finanziaria da 440 miliardi di euro. Socrates ha continuato anche negli scorsi giorni a ribadire che il Portogallo non ha bisogno di aiuti da Bruxelles e i dubbi delle società di rating si sono fatti sentire. Eppure, S&P continua ad affermare che l’instabilità politica, da un lato, e le malversazione delle banche, dall’altro, stanno affossando il Paese. Del resto, stanno per arrivare i declassamenti anche per cinque istituti di credito e due loro sussidiarie: Caixa Geral de Depósitos, Banco Comercial Português, Banco Espirito Santo e la sussidiaria BES de Investimento, Banco Santander Totta e Banco BPI con la sua controllata Banco Português de Investimento.
Simili, ma non uguali, le motivazioni dietro al declassamento di Atene. Sulla Grecia, oltre alle esigenze di rifinanziamento a partire dal 2013, quando entrerà in vigore l’Esm, ha inciso l’attuale situazione economico-finanziaria. Il consolidamento fiscale continua a essere troppo lento, come ha anticipato il pool di esperti di Bce, Ue e Fmi presenti ad Atene in questi giorni. Analogamente, le passività delle banche del Pireo continuano ad aumentare ogni giorno di più. S&P nella nota rilasciata a margine del downgrade ha specificato che questo potrà avere un’influenza anche su quattro banche elleniche. National Bank of Greece (più la sussidiaria United Bulgarian Bank), EFG Eurobank Ergasias, Alpha Bank e Piraeus Bank: sono questi gli istituti di credito con le difficoltà maggiori.
La notizia non ha sconvolto i mercati azionari, che hanno reagito con poche fluttuazioni, sintomo che già si attendevano una misura del genere. L’Italia, già penalizzata dall’andamento negativo dei suoi titoli bancari, cede circa l’1,2%, risultando la peggiore dopo Atene, in contrazione di 2,4 punti percentuali. Poco mossa Lisbona, come tutte le altre piazze europee. In compenso il mercato dei Credit default swap (Cds), i derivati che immunizzano dal fallimento di un asset, hanno registrato tutto il turbamento degli investitori. Sulla piattaforma CMAVision i Cds su Atene sono tornati sopra quota 1040 punti base. Vale a dire che assicurare contro il default un bond quinquennale del valore di 10 milioni di euro costa oltre un milione all’anno. Anche Lisbona è sotto pressione, con i Cds sopra quota 560 punti base.
La scelta di S&P riflette tutte le incertezze che sono presenti intorno all’Europa. Per la prima volta si parla apertamente di ristrutturazione del debito sovrano, un termine finora mai utilizzato apertamente. Si sta delineando quindi il Piano B decantato dall’Economist prima e dal membro della Bce Lorenzo Bini Smaghi in seguito? L’impressione è che non ci sia altra via.