L’operazione è la stessa per tutti, un aumento di capitale. L’obiettivo è uguale per tutti: adeguare gli istituti bancari ai requisiti richiesti dai nuovi accordi di Basilea III. Ma diversi sono i tempi di arrivo. In Italia hanno già tagliato il traguardo della ricapitalizzazione Ubi Banca, Banco Popolare e Banca Intesa. Settimana prossima sarà probabilmente la volta del Monte dei Paschi di Siena, ma quella di Siena potrebbe essere un’operazione particolare. Per vari motivi, e un finale a sorpresa non è del tutto escluso.
Con la ricapitalizzazione decisa martedì, Intesa San Paolo porterà il “Core Tier 1” (il numeretto magico che indica la solidità di un istituto) oltre l’8% e vicino al 10% chiesto alle banche di interesse sistemico. Al Monte dei Paschi i nuovi capitali servono per rimborsare i costosi Tremonti-bond e per portarsi in linea con i requisiti patrimoniali senza aiuti di Stato. Intesa si candida a rafforzare il proprio ruolo di banca di sistema. Siena a chiudere il capitolo avviato con la sottoscrizione dei Tremonti-bond per 1,9 miliardi di euro a fine 2009. Quei titoli sono stati d’aiuto, ora sono un peso: costano 160 milioni di euro ogni dodici mesi.
Attualmente la banca senese ha un “Core Tier 1” all’8,3%, se si eliminassero i Tremonti–Bond scenderebbe al 6,6%. Un aumento di capitale da 2 miliardi lo riporterebbe all’8,4%. E il coefficiente potrebbe venire rafforzato ulteriormente se la Banca d’Italia autorizzasse la cessione degli immobili. La Borsa, dove il titolo resta sotto pressione, non ha dubbi: l´istituto senese ha bisogno di capitali freschi. I tempi stringono e la decisione sull´aumento dovrebbe essere presa settimana prossima.
Il maggiore interessato all´aumento è l´azionista di maggioranza, la Fondazione Mps che controlla il 55,48% della banca guidata da Giuseppe Mussari e Antonio Vigni. L’ente toscano vuole ad ogni costo rimanere sopra il 50% del Monte. In termini borsistici non è proprio necessario: si può esercitare il controllo di una società con quote molto più basse e questo avviene regolarmente a Piazza Affari come a Wall Street, ma a Siena le leggi del mercato si coniugano con le esigenze della politica. E a un mese dalle elezioni comunali l’idea di abbassare la quota di controllo sotto il 50% è un tabù linguistico e un suicidio politico.
Le esigenze della politica tradotte in numeri non lasciano dubbi: se l´aumento deve essere di 2 miliardi, la Fondazione dovrà sborsare 1 miliardo. Una cifra non facile da trovare, visto il periodo di magra dei dividendi e lo stato delle casse. In Fondazione circolano diverse opzioni per sostenere la ricapitalizzazione. Potrebbe indebitarsi fino al 20% del patrimonio netto (5,53 miliardi di euro a fine 2009) e l’ipotesi e’ stata discussa mercoledì on il Tesoro,che avrebbe dato il suo ok. Non si chiede una vera e propria autorizzazione del ministero, ma Tremonti ha sempre ribadito che il capitale delle Fondazioni non deve essere troppo concentrato sulle banche.
A Siena si ragiona anche su altre opzioni. La Fondazione potrebbe decidere di vendere le azioni privilegiate Mps di cui è unico proprietario, ma non sarebbe facile individuare un compratore. Un ipotesi intrigante, e come tale poco probabile, riguarda la cessione delle partecipazioni “eccellenti”in Intesa SanPaolo, Mediobanca e nella Cassa Depositi e Prestiti (circa 550 milioni a valori di carico). L´eventuale cessione causerebbe però forti minusvalenze e potrebbe non essere apprezzata dagli istituti coinvolti
Se la Fondazione non ottenesse il via libera dal Tesoro nei tempi previsti, se la cessione di partecipazioni venisse scartata, potrebbe esistere un piano B. Un po’ osé ma praticabile. A Siena qualcuno ha pensato che il Monte anziché rimborsare i Tremonti bond, potrebbe convertirli in azioni. L’idea è quella di esercitare la facoltà di conversione del prestito, prevista nel prospetto e possibile con preavviso di 30-60 giorni al Tesoro e con il nulla osta di Bankitalia. Il Tesoro si trasformerebbe in azionista. Un Convertendo bis con via XX Settembre al posto delle banche e il Monte nei panni della Fiat. Ipotesi quindi lecita ma impegnativa in un momento in cui si rievoca con troppa frequenza l’Iri. Nessuno vuole tornare ai tempi in cui il Monte era un istituto di diritto pubblico, ma la mancanza di capitali e l’influenza della politica potrebbero giocare strani scherzi
Questa ipotesi ha però una serie di problemi, tecnici, strategici e di mercato che rendono impervio il percorso. Per dare a Tremonti azioni Mps in cambio dei Bond, serve una coralità di consensi. C’è da valutare se sia politicamente opportuno che l’azionista pubblico rientri anche nelle banche. La ricerca di strade originali da parte di Mps rischia di essere penalizzata dal mercato. Per non parlare della politica che a Rocca Salimbeni conta più che altrove. E a livello locale in questo momento il piano B rischia di essere poco presentabile.
Anche le condizioni tecniche previste dal prospetto non agevolano l’operazione. Che potrebbe essere effettuata, secondo quanto riportato dall’agenzia Reuters, se il prezzo del titolo Mps al momento della conversione fosse almeno del 10% sopra il valore medio dei 10 giorni in cui era stato lanciato il Tremonti bond. A fine 2009 Mps valeva circa 1,22 euro, ora vale meno di un euro e dovrebbe arrivare almeno a 1,35. La distanza è incolmabile ma il Tesoro potrebbe accettare una deroga. Via Venti Settembre riceverebbe un numero di azioni consistente. Il capitale di Mps, oggi di 6,7 miliardi di azioni salirebbe a 8,2 miliardi e il Tesoro si ritroverebbe con circa il 18% e la Fondazione al 46%, pari alla quota che ha attualmente di ordinarie.
A Siena probabilmente scenderebbero in piazza contro questa diluizione, anche se il Tesoro non potrebbe esercitare diritti di voto per la parte eccedente il 4%, visto che l’unica esente dal limite posto dallo statuto è la Fondazione. Ma l’obiettivo sarebbe raggiunto, il capitale rafforzato, la Fondazione manterrebbe il controllo della banca e avrebbe maggiori dividendi. A caro prezzo però. Fantafinanza? Possibile, sta comunque a Siena decidere quanto essere creativi o se mettersi alla faticosa ricerca dei capitali necessari per un aumento di capitale che permetta anche il mantenimento del controllo incondizionato della banca. A logica la scelta sarà la seconda, e non sarà possibile a questo giro avere Tremonti presente anche a piazza del Campo, è già troppo impegnato su più fronti.