Westminster guida gli inglesi alla guerra contro i banchieri

Westminster guida gli inglesi alla guerra contro i banchieri

Il Parlamento inglese ha iniziato la sua crociata contro le banche. «I contribuenti britannici non devono più pagare gli istituti di credito». Questo è il sunto della relazione della Commissione sui conti pubblici (Public accounts committee o Pac) della Camera dei Comuni, presentata oggi. Pesano ancora i 1.600 miliardi di dollari che dal 2008 a oggi sono stati erogati nelle casse delle principali banche del Paese. Ma sulle conclusioni della relazione hanno inciso ancora di più i maxi stipendi erogati da Barclays e HSBC ai rispettivi amministratori delegati, oltre 23 milioni di sterline nel complesso. Sullo sfondo c’è però anche la critica a un sistema che continua a essere Too-big-to-fail, troppo grande per fallire.

«C’è poco da aggiungere a quanto abbiamo osservato, sono del tutto inappropriati». Le parole sono quelle di Margaret Hodge, deputato del Labour e presidente del Pac. Il riferimento è alla nuova normalità delle banche inglesi tornate a staccare lauti dividendi, elargire importanti bonus ai propri dirigenti e a spingere sull’acceleratore della leva finanziaria. Nelle pagine che compongono la relazione finale della Commissione della Hodge si spiegano quali sono stati, nello specifico, gli interventi che Governo e Bank of England hanno dovuto mettere in campo per evitare il tracollo sistemico.

Sulla stessa linea d’onda della Hodge troviamo anche il primo ministro David Cameron. Dopo il programma di austerity più duro dalla Seconda guerra mondiale, sono stati duri gli attacchi alla City, colpevole di esser tornata ai suoi fasti del periodo pre-crisi. Sulla scia dell’amarezza per questo atteggiamento, l’appoggio governativo agli istituti di credito si è dimezzato, arrivando a circa 800 milioni di dollari dallo scorso dicembre. Due sono i casi più eclatanti. La quota di partecipazione statale in Royal Bank of Scotland vale circa 40 miliardi di sterline, mentre quella in Lloyds 18 miliardi. Troppo rispetto, per esempio, all’offerta pubblica di acquisto del 1999 su Enel, come ricorda il documento. Date le proporzioni della partecipazione pubblica, la raccomandazione più significativa della Pac è solo una: la massimizzazione del ritorno economico derivante dalle quote governative nel capitale delle banche. Ecco quindi che ogni dividendo staccato fa irritare Downing Street. Nonostante le iniezioni di liquidità statale, il Lloyds ha intenzione di tornare a erogare dividendi dal 2012, mentre Royal Bank of Scotland, Barclays e Standard Chartered non hanno smesso di farlo negli ultimi quattro anni di crisi.

Ad aizzare la Pac sono stati i pacchetti di extra compensi presi da due banchieri in particolare: Stuart Gulliver (HSBC) e Robert Diamond (Barclays). Se il primo è stato il più ricco della City con 21,2 milioni di dollari per il 2010, il secondo non è stato da meno, con 16 milioni di dollari. E nella relazione non mancano nemmeno i richiami agli eventi mondani organizzati dal management delle principali banche mondiali negli ultimi sei mesi. «Mentre loro festeggiano, i cittadini pagano. E pure troppo», ha recentemente sottolineato la Hodge.

Nonostante le critiche ai compensi dei banchieri, la Pac va anche oltre. Secondo l’organismo guidato dalla Hodge a oggi non esistono strumenti capaci di trasferire il rischio default di un’istituto di credito dai contribuenti ad azionisti e obbligazionisti. Colpa di banche con attività troppo ramificate e troppo interconnesse fra di loro. Per questa ragione la Pac ha chiesto di ridurre gradualmente le garanzie finora fornite dal Tesoro per il sostegno delle banche. Saranno limitate ancora, dopo il giro di vite dello scorso dicembre, ma non è detto che, in caso di urgenza, non siano più utilizzate.

La relazione della Pac verte sulla stabilità finanziaria e non è esente da lacune. Una delle principali verte sul ruolo dei regolatori. La Financial services authority (Fsa) e la Bank of England hanno più volte raccomandato gli istituti di credito a utilizzare meno rischi nella quotidiana gestione dei propri portafogli ed evitare nuovi squilibri. Il capitale di base deve poter resistere anche a shock esogeni, come l’eventuale fallimento di uno Stato sovrano, senza contare l’incidenza dei nuovi parametri che saranno introdotti da Basilea III. La Hodge, oltre a sollevare la questione morale sui maxi compensi e sul ritorno economico delle partecipazioni statali nelle banche, non propone un concreto nuovo assetto di regole per evitare situazioni di istituzioni Too-big-to-fail. E così i rischi, come ogni volta, vengono riconosciuti, ma non eliminati.  

[email protected]

X