I disegni di legge degli italiani snobbati dai parlamentari

I disegni di legge degli italiani snobbati dai parlamentari

Il Parlamento ha abolito la democrazia diretta. Le Camere hanno cancellato il diritto dei cittadini – previsto dall’articolo 71 della Costituzione – di «esercitare l’iniziativa legislativa». Una riforma silenziosa, bipartisan. È stato sufficiente mettere in un cassetto quasi tutte le proposte di legge di iniziativa popolare presentate in questa legislatura. E fare finta di niente. Progetti di legge – è bene ricordarlo – approvati e sottoscritti da almeno cinquantamila elettori.

Dall’inizio della legislatura sono stati presentati a Montecitorio e Palazzo Madama diciassette documenti di iniziativa popolare. Dentro c’è di tutto: dalla regolamentazione del servizio idrico, alla riforma della scuola. Passando per la modifica del sistema elettorale, l’introduzione del salario sociale e l’incremento delle pensioni d’invalidità.

Temi che, evidentemente, non hanno suscitato l’interesse dei parlamentari. La maggior parte dei progetti depositati sono rimasti lettera morta. Assegnati alle commissioni competenti, in nove casi non sono stati neppure presi in esame. Sono finiti in qualche cassetto da cui – con ogni probabilità – non usciranno mai. È il destino, ad esempio, della proposta di legge n.3: «Dichiarazione del territorio della Repubblica italiana “zona libera da armi nucleari”». Il documento, assegnato alla commissione Affari esteri di Montecitorio il 22 maggio 2008, non è mai stato calendarizzato. Mai discusso. Con buona pace dei 50mila elettori che l’hanno firmato.

Hanno fatto la stessa fine, tra gli altri, i disegni di legge sulla riforma della pensioni (assegnato alla commissione Lavoro del Senato il 2 luglio di tre anni fa) e quello sulla reintroduzione del voto di preferenza (assegnato alla commissione Affari costituzionali della Camera nel febbraio 2009). Ma anche i provvedimenti sulla presenza in Italia di basi militari straniere, il sistema di insegnamento nella scuola pubblica, il diritto all’apprendimento permanente, le rappresentanze sindacali, lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili e l’associazionismo.

Sono stati più fortunati i cittadini che hanno sottoscritto un progetto di legge per «la tutela e la gestione pubblica delle acque». Il provvedimento è «in corso di esame in commissione», come spiega il sito del Senato. Peccato che la commissione Ambiente di Montecitorio abbia discusso il testo solo una volta, il 22 gennaio 2009. Negli ultimi due anni e mezzo se ne sono perse le tracce.

Il tema della previdenza non sembra interessare il legislatore. Altri due disegni di legge di iniziativa popolare sul tema – «Norme in materia di introduzione del salario minimo intercategoriale e del salario sociale» e «Istituzione di una nuova scala mobile per la indicizzazione automatica delle retribuzioni dei lavoratori» – hanno subito lo stesso trattamento: una discussione in commissione, poi l’oblio.

È andata meglio per altri due progetti. Le proposte di riforma dell’ordinamento delle professioni intellettuali e per l’incremento delle pensioni di invalidità sono finite all’ordine del giorno delle commissioni Giustizia e Affari sociali per ben cinque volte (nell’arco di un anno mezzo). Ma nessuna delle due è diventata legge. I lavori sono stati interrotti l’anno scorso. E non sono più ripresi.

Su diciassette proposte di legge di iniziativa popolare, solo due sono attualmente all’esame delle Camere. Di Palazzo Madama, per la precisione. In entrambi i casi si tratta di modifiche alla legge elettorale. Accorpate a una ventina di altre proposte simili, sono in discussione presso la commissione Affari costituzionali del Senato proprio in questi giorni.

Il disegno di legge a cui è andata peggio, però, è il 3352. «Misure per migliorare la vita universitaria, per accrescere la qualità e la conoscenza dei servizi universitari, per il sostegno alla mobilità nazionale e internazionale degli studenti e per la disciplina dei tirocini formativi». Un tema attuale. E largamente condivisibile. Ma il documento non è mai stato preso in esame né assegnato ad alcuna commissione. Non erano state raccolte le firme necessarie: la Camera ha verificato l’insussistenza del quorum.